La Sintesi

Al di là degli anni 80. Lì vogliono andare i La Sintesi, quattro ragazzi di Corsico – città dell’hinterland milanese – giunti nel ’99 al primo album dopo nove anni di concerti e concorsi vinti. Concorsi come Scorribande, Rock Targato Italia, il Bubble Gum Rock Contest. Proprio il Bubble ha fatto da spartiacque nella carriera dei quattro di Corsico.
Durante quel concorso infatti i La Sintesi conobbero Morgan dei Bluvertigo. Era il ’95.

E tre anni dopo con Marco ‘Morgan’ Castoldi come produttore i La Sintesi entrano in studio per registrare ‘L’eroe romantico’, cd uscito nel ‘99 targato Noys.

Da dieci anni ormai il gruppo propaga per la Penisola il verbo new wave, rivisitato, corretto, modernizzato, proprio perché, nonostante le apparenze, e al di là degli anni 80 che vuole andare.
Stanchi del pesante gioco delle etichette, che critici faciloni pongono su qualsiasi nuovo prodotto, i La Sintesi puntano a metabolizzare tutto quanto è per loro “buona musica”, per produrre qualcosa che sia la “loro musica”: niente pop, dark, rock, ma tutto questo, insieme, con un pizzico di “romanticismo”.

Sono in quattro e tutti piuttosto giovani: Michelino Sabella 23 anni (batteria), Giuse Sabella, 28 anni (basso), Giorgio Mastrocola 23 anni (chitarra) e Lele Battista, 25 anni (voce, tastiera e chitarra).
Istruzioni per l’uso non sono necessarie per ascoltare la loro musica.
La poesia, l’impegno, in certi casi il “tormento” che esce dai solchi de ‘L’eroe romantico’ affascina già al primo ascolto. Forse non sarà un capolavoro, ma è sicuramente un ottimo inizio per una band che ha voglia di crescere, di migliorare, di rafforzare la propria personalità; le potenzialità ci sono e in attesa del loro secondo lavoro (in preparazione) provate a gustarvi questo primo germoglio.

I La Sintesi in questa intervista ci parlano di come sono arrivati a registrare il loro primo lavoro, di quali problemi hanno trovato da giovane band in studio di registrazione (spesso i tecnici sono cattivissimi con chi non ha mai lavorato in studio seriamente, ma non è stato questo il problema dei quattro di Corsico), di live, di come vedono il mercato discografico.

E’ stato duro attendere nove anni per arrivare a registrare il primo vero disco?

Giuse – Fino a cinque anni fa la nostra avventura è stata vissuta in maniera abbastanza spensierata e ingenua: registravamo i nostri pezzi, facevamo concerti; ci eravamo guadagnati la simpatia di vari gruppi, che ci facevano aprire per loro, e la fiducia di molti gestori di locali e responsabili delle programmazioni…Poi con la nostra musica abbiamo voluto provare a bussare a qualche porta.
E dopo molto lavoro siamo finalmente arrivati al primo cd.

Avete iniziato come cover band?

Giorgio – Abbiamo fatto cover soltanto per qualche mese, proprio all’inizio, poi siamo partiti con pezzi nostri.

Una difficoltà enorme farsi accettare dal “giro” presentandosi praticamente da subito con pezzi originali…

Giorgio – Sì, c’è sempre un po’ più di diffidenza.
Se ti presenti con delle cover, bene o male, dai un po’ più di sicurezza agli organizzatori. Credo che ancora adesso i gruppi che si presentano da subito con canzoni originali abbiano maggiori difficoltà.

Giuse – La nostra fortuna è stata quella di allacciare da subito buoni rapporti con altre band più conosciute, che ci facevano aprire per loro. Poi hanno cominciato a fidarsi di noi anche i vari responsabili delle programmazioni di molti locali.
E i concerti hanno cominciato ad essere molti.
Poi vabbé ci sono alcuni gruppi che fanno solo cover e lavorano tanto, ma lo fanno sul serio, dando un ché di creativo a quel che fanno.

Come per esempio gli Achtung Babies, che fanno soltanto pezzi degli U2.

Giuse – Sì esatto. E quando vai a sentire questi gruppi sai di andare a sentire qualcosa che va oltre la semplice cover.

Nel vostro lavoro si sente molto l’influenza di certa musica che andava in voga a metà anni 80. Il progetto che sta dietro ai La Sintesi qual è?

Giuse – La musica degli anni 80, visto l’età che abbiamo, è sicuramente uno dei punti di riferimento, ma al di là di questo, penso che a tutti noi piaccia la musica “buona”.
E col tempo abbiamo imparato a “distinguere” bene quello che ascoltiamo. E nel nostro modo di comporre è entrata un’importante componente di ricerca che va oltre il nostro semplice gusto.
E così tentiamo di avvicinarci anche a qualcosa che magari fino a ieri evitavamo, andando sicuramente fuori dallo schema rigido della musica anni 80. Anche se poi all’interno del nostro disco si può sentire quella particolare sfaccettatura musicale.
Ma sappiamo che in questo periodo va molto di moda etichettare, catalogare.
Il nostro progetto però va molto più in là

.

Quasi sempre parlando di anni 80 si finisce con il parlare del grande utilizzo dell’elettronica fatto dai gruppi dell’epoca. Voi che rapporto avete con l’elettronica?

Giuse – La nostra musica, bene o male, si è sempre avvalsa di determinate sonorità elettroniche, che vengono principalmente dall’utilizzo di quei suoni di tastiera che hanno caratterizzato la musica anni 80, la new wave per esempio.
E poi in studio c’è sempre quel margine di sperimentazione che ti concedi: le possibilità sono infinite, ma l’importante è avere chiaro in mente cosa si vuole fare… poi la scoperta del suono particolare, del “trucco”, viene in corso d’opera.
E se la scoperta ti piace, l’inserisci nel lavoro che stai facendo.

La nascita del vostro primo album, ‘L’eroe romantico’, è dovuta in particolar modo a un personaggio ora centrale nella musica italiana, Morgan dei Bluvertigo. Come vi siete incontrati?

Lele – L’abbiamo conosciuto per caso nel ’95 in occasione della finale del Bubble Gum Rock Contest: lui era nella giuria.
Rimase colpito dalla nostra esibizione, il pezzo che presentammo gli piacque molto e alla fine venne a salutarci.
Parlando, capimmo che su parecchie cose ci intendevamo bene.

Dopodiché abbiamo cominciato a collaborare. Abbiamo lavorato su alcuni pezzi.
Lui è stato il primo a farci notare che avevamo le potenzialità per fare qualcosa di importante: per esempio lavorare meglio sui suoni già incisi, sulla voce.
Abbiamo fatto alcune registrazioni. Poi abbiamo provato a fare la stessa cosa per i fatti nostri.
Abbiamo registrato altri pezzi da soli. E poi ancora, siamo tornati a lavorare con lui.
E’ stata una cosa molto lunga: lo abbiamo conosciuto nel ’95 e siamo entrati in studio per registrare l’album nel ’98.

In studio Morgan era sempre presente. Da buon produttore dava consigli, controllava tutto, suggeriva, interveniva sui pezzi, sui suoni, sulla voce.
Il suo è stato un apporto sostanziale.

Gli sforzi per “regimentarvi” in studio devono essere stati notevoli. Il Metropolis di Milano, dove avete registrato il cd, ha accolto e accoglie innumerevoli star, voi vi siete entrati da giovane gruppo che doveva sfornare il primo vero lavoro. Quali difficoltà avete trovato?

Giorgio – All’inizio è stato difficile.
Ci siamo accorti che dovevamo stare molto attenti a quello che facevamo. Lo studio è la fotografia precisa di quello che suoni.
Magari un piccolo errore dal vivo non si nota neanche, ma in studio rimane tutto su nastro.

Lele – Mi ricordo che per cantare un pezzo ci ho messo cinque ore. E’ stata una bella scuola.

Giuse – Per fortuna oltre a Morgan avevamo un ottimo fonico, Celeste Frigo. Grazie anche a lui siamo riusciti a cavarcela egregiamente.

Michelino – Io non ho una grande attitudine allo studio.
Registrate in studio mi stanca parecchio e la voglia è sempre quella, una volta finita la mia parte, di andarmene.
Ma naturalmente non posso e questo mi pesa.
Una volta che ho dato, faccio molto fatica a seguire il resto della lavorazione, pur sapendo che quella parte del lavoro è molto interessante e importante.

Quindi non ti fai grossi problemi di suoni, effetti e via dicendo…

Michelino – Ben pochi. Perché devo dire che ci siamo sempre trovati a lavorare con persone di cui ci si poteva fidare.
Poi, visto il mio modo di suonare la batteria, non mi aspetto di sentire uscire dai monitor cose totalmente diverse da quelle che sento mentre registro il pezzo: la mia batteria non suonerà mai metal…Ma in compenso l’ultima esperienza in studio è stata veramente heavy, devastante per le mie orecchie: per quanto riguarda gli ascolti ogni fonico ha le proprie abitudini, e l’abitudine del nostro era quella di sparare i monitor a tutto volume, roba da tappi nelle orecchie.

Adesso parliamo un po’ di live. Quando vi esibite dal vivo avanzate richieste particolari?

Giuse – Ma, finora ci siamo sempre adattati.

Michelino – Abbiamo una scheda tecnica che è semplicissima, a tutti i livelli: strumentazione, palco, amplificazione.
Ma ti faccio un esempio, personalmente richiedo sempre almeno un microfono per ogni tamburo della mia batteria, e per almeno il 50 per cento delle date sono sempre stato in forse.
Per cui, come si capisce, al nostro attuale livello, con un solo album alle spalle, non riusciamo esattamente a ottenere quanto vogliamo.
E’ il destino delle giovani band.

La situazione live peggiore in cui vi siete trovati?

Michelino – Potrei ribaltare il tutto dicendo che la situazione che all’inizio ci sembrava la peggiore, si è poi dimostrata essere forse una delle più belle esperienze fatte finora.
Eravamo a Roma, al Locale, dove si esibiscono in tantissimi e spesso anche nomi famosi. Ma il palco era piccolissimo. E chiuso ad angolo.
Le prospettive quindi non erano delle migliori. La mia batteria non era neppure microfonata.
Eppure è stata una delle date più belle mai fatte, perché c’era un’atmosfera particolare.

Giuse – E sul palco stranamente si sentiva tutto benissimo, cosa abbastanza rara.

Michelino – Diciamo che veramente male non ci siamo mai trovati, da nessuna parte. Neanche nei posti più remoti.
Mi ricordo soltanto che una volta ci avevano chiuso gli strumenti nel locale in cui avevamo suonato la sera prima.
Eravamo in Toscana. Ed eravamo d’accordo con il gestore del locale che saremmo passati il mattino seguente per ritirare gli strumenti. Invece niente, non abbiamo trovato nessuno, il promoter del luogo non ne voleva sapere, e abbiamo dovuto faticare un bel po’ per riavere tutta la strumentazione.
Non è stato molto piacevole, anche perché già la serata non era stata un granché.

Giorgio – Dobbiamo ringraziare il nostro fonico live, Gianluca Bertoldi, che ci segue ovunque, se le serate riescono sempre piuttosto decentemente, senza particolari problemi tecnici.
Risolve tutti i problemi lui e non ci fa mai pesare nulla. Noi suoniamo e basta. Poi alla fine della serata ci dice che quello non andava, la voce si sentiva male, la chitarra pure…

Dal 1991, cioè da quando siete nati come La Sintesi, ad oggi avete partecipato a numerosi concorsi, festival, manifestazioni varie dedicate a giovani gruppi; avete vinto a Scorribande, Rock Targato Italia, al Bubble Gum Rock Contest…cosa ne pensate ora di questo tipo di raduni musicali?

Michelino – Personalmente ho un’ottima considerazione di queste manifestazioni. Ma purtroppo credo che con l’andare del tempo abbiano perso un po’ di importanza, vivono di rendita, sulla fortuna dei tempi passati, senza rinnovarsi.

Mi ricordo che sei sette anni fa tutto era più curato. Anche dal punto di vista tecnico.
Salivi sul palco e sentivi di avere un’opportunità molto particolare e non soltanto dal punto di vista artistico: c’era un service adeguato, un palco sul quale normalmente non avresti mai potuto suonare da giovane band. Ti sentivi gasato.
E oggi noto con dispiacere che non è più così.
Senza voler far nomi, ritengo che ci sia un disinteresse totale degli stessi organizzatori.
Si viaggia sull’onda del nome grosso, del fatto che ormai la manifestazione è conosciuta, oppure è nuova ma organizzata da un nome più che famoso, garanzia, dicono loro, di qualità. Invece poi la sostanza è veramente scarsa.

E dello strano mercato discografico italiano cosa ne pensate? Del successo di gruppi come i Luna Pop e della fatica di altri gruppi forse più meritevoli dal punto di vista musicale?

Michelino – Il nostro è un mercato strano. Pare non esista più un punto di riferimento.
E che tutto sia dovuto alla fortuna. Ma con questo non voglio dire che chi arriva non se lo merita.
I Luna Pop sono arrivati a vendere 600.000 copie subito col primo disco e mi pare che non sia mai accaduto in Italia una cosa del genere.
Se hanno tutto questo successo si vede che se lo meritano… In Italia spesso il successo è dovuto alle radio, che impongono determinati canoni. E se a loro il tuo pezzo non piace, non passa, al di là della cura con cui l’hai registrato e confezionato.

Giuse – Per quanto sia difficile spiegare il mercato discografico, credo che la logica che vuole il talentuoso a casa e il prodotto confezionato senza talento vincente lasci un po’ il tempo che trova.
E’ un luogo comune da sfatare. E comunque vorrei sapere quali sono i musicisti veramente talentuosi che stanno a casa.

Magari non stanno a casa e anzi fanno centoventimila spettatori a tournée, però vendono ventimila copie del loro ultimo cd. Anche questo è strano.

Giuse – Che ci siano delle contraddizioni incredibili fa assolutamente parte del gioco.
E’ vero, ci sono dei personaggi talentuosi che si vede che convivono male con la rigidità del music business, ma spesso se sono veramente validi quelle rigidità le rompono.

State lavorando al secondo album?

Giorgio – Sì, abbiamo già messo giù alcune tracce. Ma siamo ancora nella prima fase, stiamo pensando, ponderando…

Giuse – Al momento quanto realizziamo è ancora tutto a livello d’istinto.
Abbiamo inserito molte cose nuove nella nostra musica e dobbiamo ancora tirare le conclusioni.

Intervista di Christian Ronzio

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