Riportiamo il comunicato con il resoconto del convegno sul Teatro Musicale in Italia:
Firenze oggi, come l’Atene di Pericle e la Firenze rinascimentale, si pone ancora una volta come Stato, luogo propulsivo di pensiero, per un momento di riflessione che tende a ripensare la complessiva struttura materiale e immateriale della cultura musicale in Italia. In particolare quella dell’organizzazione teatrale.
È questa l’ottica con la quale si sono riunite a Firenze le più rilevanti personalità del Teatro musicale italiano e europeo per discutere i due temi fondamentali che i curatori del convegno hanno posto sul tappeto, quello dell’organizzazione teatrale e quello della normativa e sovvenzionamento del Teatro musicale.
Il convegno, curato da Dario Nardella e Mario Ruffini, è stato promosso da tre rilevanti istituzioni: Comune di Firenze, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, con il supporto di Regione Toscana, Provincia di Firenze e il Ministero dei Beni Culturali.
Già dalla Relazione introduttiva di Mario Ruffini (ideatore del convegno) su Teatro di repertorio e produzione, fra formazione e servizio, i temi sono stati analizzati nel contesto di una storia civile, politica e musicale che ha mostrato come, nel corso dei quattro secoli di pratica del “dramma in musica”, il paradigma del Teatro musicale italiano abbia sofferto il logoramaneto di una ricerca degli interessi particolari, che hanno progressivamente portato in Italia a una devianza culturale dell’intero sistema. Una devianza da mettere in discussione la vita stessa di questa forma d’arte ineluttabile e imprescindibile. La relazione di Dario Nardella invece, su Normativa e sovvenzionamento, apriva la discussione sul fersante economico e sulle strategie finanziarie del sistema teatrale. Si è discusso di come defiscalizzare o detrarre dall’imposta sul reddito i contributi privati, ben sapendo che è impensabile immaginare un doppio impegno dello Stato, sia quello indiretto della defiscalizzazione, sia quello diretto della sovvenzione attraverso il FUS.
Gli ospiti del convegno erano ragguardevoli, da Ioan Holender, direttore dell’Opera di Vienna, a Stéphan Lissner, sovrintendente del Teatro alla Scala, e a chi lo ha preceduto, Carlo Fontana, neo senatore, a Sergio Segalini, direttore artistico della Fenice di Venezia, al sovrintendente dell’opera di Roma Francesco Ernani, a Francesco Giambrone e Paolo Arcà, sovrintendente e direttore artistico del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, a Piero Giarda dell’Università Cattolica, e a molti altri, fra cui i Sindaci di Firenze, Leonardo Domenici, e di Bari, Michele Emiliano e il direttore generale del Ministero dei Beni Culturali Salvo Nastasi.
Sono state messi a confronto i vari modelli organizzativi in Europa, in particolare quello tedesco del Teatro di repertorio (con compagnia stabile, capace di grande produttività e bassi costi), e quello italiano configurato come Teatro di produzione (con compagnia che si forma volta per volta, a ogni produzione, votato all’eccellenza, con costi alti e bassa produttività). Un dato solo può aiutare a riflettere: nel 2005 il Maggio Musicale Fiorentino ha messo in scena 7 titoli per complessive 48 recite, mentre la Wiener Staatsoper ha presentato 65 titoli per 238 recite.
Differenze che trovano la loro origine in una ragione storica fondamentale, da tutti sottolineata: nei paesi di avanzata civiltà, la musica viene studiata seriamente e organicamente in tutti gli ordini scolastici, partecipando alla formazione umanistica generale della persona. In paesi come l’Italia, virtualmente musicali (il “Si” canta) ma di fatto musicalmente analfabeti, la musica è studiata solo come material tecnica dagli addetti ai lavori (i quali a loro volta non necessitano di una cultura generale), e nanche il Liceo Classico prevede la Storia della Musica nella sua offerta formativa.
Sul versante organizzativo sono emerse le diverse e contrapposte visioni dell’organizzazione teatrale, quella di Holender (Vienna) e quella di Lissner (Milano). Da un lato l’esigenza di fornire un’offerta esaustiva del patrimonio operistico italiano, dall’altro la ricerca di una qualità che impedisce una produttività altissima.
Il rischio è di perdere di vista il contesto paradigmatico generale, cioè il Teatro musicale nella sua essenza originaria, per avvitarsi in discussioni sintagmatiche fatte di rivendicazioni particolari. Ecco le ragioni principali di questo convegno: tornare a ragionare del sistema-teatro nella sua struttura portante.
Il sistema italiano vive una devianza culturale, poiché di fatto ha trasformato una normale attività teatrale in una sorta di Festival permanente. Gli stessi cachet altissimi, comprensibili (ma non troppo) in un Festival limitato nel tempo, nel quale si voglia raccogliere la più straordinaria eccellenza artistica, diventano una pratica intollerabile se lo stesso sistema continua tutto l’anno, come fosse sempre Festival (o sempre domenica).
Si è auspicato, in un’ampia visione europea, una riconversione del Sistema teatrale italiano come Sistema misto Repertorio / Produzione, ovvero una specificità singolare di ogni Teatro che, secondo la propria vocazione e tradizione, possa comunque avere un momento di produzione (Festival, luogo di eccellenza temporalmente limitato e definito in cui si “produca”), e un più lungo periodo di “repertorio”, da riconfigurare sul modello tedesco. Un Teatro che, come evidenziato anche dall’Indagine statistica fatta per l’occasione, possa riaprire un rapporto organico con la scuola, e fare servizio alla collettività e formazione ai giovani, riportando il pubblico a poter amare da vicino l’intero proprio patrimonio musicale.
Fra i punti emersi, ne segnaliamo alcuni:
Si è discusso dunque concretamente di un Teatro msicale in Italia, forma artistica fra le più rappresentative del nostro Paese, come bene condiviso dell’intera collettività, dunque imprenscindibile per la nostra esitenza.
Sono state altresì auspicate una riforma del FUS (Fondo unico per lo spettacolo) con l’auspicabile uscita del comparto Cinema dallo stesso FUS, che dovrebbe rimanere esclusivamente per il settore musicale, nonché una Tassa di scopo che possa garantire ai Teatri musicali una vera autonomia finanziaria, mettendoli al riparo da ogni periodica crisi politica o economica.
Auspicata infine una Legge speciale per il Festival del Maggio Musicale Fiorentino, da salvaguardare quale Festival italiano più antico e oggi nel mondo conosciuto per la sua eccellenza artistica e culturale.
In ogni caso vari interventi hanno sottolineato l’urgenza di promuovere una profonda rivalutazione del settore della cultura in generale che, in un Paese come l’Italia, depositario di un patrimonio culturale materiale e immateriale unico al mondo, costituisce un vero fattore strategico anche di rilievo economico del Sistema Italia.
Info: www.gmep-molpass.it