Intervista a Alberto Cutolo

Quando si parla di Mastering è inevitabile dover ascoltare leggende metropolitane e la persona che si occupa di questo processo altamente frainteso e discusso, ovvero il Mastering Engineer, spesso viene visto come una specie di alchimista che riuscirebbe a trasformare anche "la materia organica di scarto animale" in oro (una perifrasi che aggira velatamente un modo di dire molto usato tra i mastering engineer).
Per sfatare un po’ questi miti e per aiutare i nostri lettori a capire meglio il processo tecnico, ZioMusic.it ha pensato di intervistare uno dei  mastering engineer più quotati e impegnati in Italia…

Alberto Cutolo
è il fonico responsabile del Massive Arts di Milano. Professionista dalla ventennale esperienza nel settore mastering, vanta la realizzazione di circa diecimila master.

Ha lavorato ad esempio per: Litfiba, Mina, Fools Garden, Laura Pausini, Lorenzo Jovanotti, Robert Miles, Adriano Celentano, John McLaughlin, Gigi D’Agostino, The Servant, Giorgio Gaber, I Nomadi e tantissimi altri.

E’ uno dei collaboratori didattici dei corsi di fonico e mastering engineer che la SAE di Milano offre in collaborazione con il Massive Arts, senza dimenticare che nel 2003 è stato uno dei primi a credere nelle potenzialità del gruppo pop/rock italiano Modà, che in questo momento sta cavalcando la cresta dell’onda mediatica in Italia.

Nell’intervista Alberto ci spiega che cos’è veramente il mastering, il percorso che questo processo ha subito nella storia e ci da dei preziosi consigli su come preparare al meglio i mix fatti negli home e project studio per una session di mastering. Un’intervista lunga e piena di squisiti particolari tecnici, perchè Alberto non solo riesce ad appassionarti a questa materia in maniera comprensibile e divertente, ma parla anche velocissimo!


        Il Mastering Engineer Alberto Cutulo al lavoro nella sua postazione al Massive Arts di Milano

ZioMusic: Fai il fonico e il mastering engineer, ma anche tu sei un musicista…

Alberto Cutolo: Sì, sono un chitarrista, però ho troppo rispetto per i chitarristi veri per dire che lo sono anche io. Mi diverto e basta…

ZioMusic:  Il mastering è un processo altamente frainteso e discusso. Ci puoi chiarire un po’ le idee a tal proposito?

Alberto Cutolo: La gente pensa che il mastering sia semplicemente il potenziamento dell’audio, oppure l’equalizzazione dell’audio, ma non è così. Il mastering nasce assieme al Compact Disc, nel 1980 e serviva soltanto come tramite fra i prodotti che uscivano dallo studio, che erano registrati su nastri a mezzo pollice, su quarto di pollice master, su U-matic nei casi migliori, non c’era neanche il DAT [Digital Audio Tape, supporto introdotto da Sony nel 1987; ndr]. Tutto questo materiale bisognava prepararlo per la duplicazione industriale. Il Compact Disc ha una caratteristica di base che non ha nessun altro formato: ha un timecode che è ininterotto, inizia con l’inizio del CD e finisce con la fine del CD. Quindi serviva un formato che avesse un timecode ininterotto, con le caratteristiche richieste da Red Book [CD Standard; ndr], quindi 44.100 Hz e 16 bit, e che fosse certificato. In definitiva il mastering nasce come trasferimento dell’audio da un formato analogico o digitale con time code individuale a un formato composito con tutto il time code scritto sequenzialmente. Ecco tutto.


                                              Lo studio di Mastering al Massive Arts di Milano

ZioMusic: È abbastanza paradossale che con la nascita del compact disc, supporto che dispone di una gamma dinamica superiore a quella dei supporti precedenti, si sia scelto – e si scelga ancora – di utilizzare pochissima gamma dinamica, in pratica solo gli ultimi decibel a fondo scala, facendo sì che una canzone suoni forte dall’inizio alla fine. Tutto colpa della compressione?

Alberto Cutolo: La compressione è un concetto che è arrivato molto dopo nel mastering, ma c’è un motivo specifico perchè è successo questo, proprio perchè prima si stampava su vinile. Su un 33 giri si può scrivere all’incirca 17/18 minuti a facciata. Il vinile però è un formato “vivo“ e le basse frequenze tendono ad allargare il solco quando viene inciso, le alte tendono a renderlo più profondo, quindi è un solco tutto in movimento, a modulazione analogica. Se tu allora avessi compresso una fonte in ingresso, avresti guadagnato diciamo 6/7 db di livello, e avessi mandato tutto questo segnale al pickup, la quantità di basse sarebbe stata esponenzialmente più alta di 6/7 dB, quindi il solco sarebbe stato molto più largo e si sarebbe dovuta aumentare la distanza tra le spirali. Per consequenza di ciò lo spazio per 18 minuti non ci sarebbe più stato, sarebbero diventati forse 13/14 minuti. Per riavere questi 18 minuti, avresti dovuto abbassare il livello d’ingresso del pickup, avresti ottenuto un segnale che suonava esattamente con lo stesso RMS, ma compresso. E’ ridicolo, non aveva senso.


      Uno dei due enormi monitor PCM MB2S-A                          Il mitico Tascam BR 20 T da un 1/4"

Quando nacque il digitale cambiò radicalmente la visione. Il digitale che tu ci metta "dentro" un suono a meno 50dB, un suono compresso, un suono con lo spettro da 0 a 22.000Hz o una frequenza singolare, pesa sempre 10 Mega al minuto in stereo. Quindi nel momento in cui la quantità di frequenze audio non mi influisce più sullo spazio che occupano allora ha senso ‘far suonare di più’ un supporto, perchè non hai quella controindicazione. Da questo nasce la compressione da mastering.
Ci mise però tanto tempo per passare, come concetto, perchè gli stessi riproduttori e le casse si sono dovuti adeguare alle maggiori pressioni sonore. Adesso costruiscono coni in Kevlar con dei magneti potentissimi che sviluppano pressioni sul cono che una volta erano impensabili. I coni di allora non avrebbero retto quel tipo di pressione.
Si è arrivati a questa cosiddetta“dB war” nel corso degli anni. Prima la Sony ha fatto uscire un processore che faceva da compressore monobanda, sul full range, quattro bande di equalizzazione più un limiter e basta. Costava 25 milioni delle vecchie lire, ma lavorava già in PCM [“Pulse-Code Modulation”, un metodo di rappresentazione digitale di un segnale analogico; ndr]. Poi l’aumento della pressione sonora ha fatto sì che le tecniche si svilupassero maggiormente in questo settore e i compressori sono diventati multibanda, per un preciso motivo.
Mi spiego. Quando comprimi un prodotto di 10/12 db sollevando tutto lo spettro, la resa delle alte frequenze è esponenzialmente molto più alta delle basse, quindi lo spettro tende a schiarirsi già di suo. Con la compressione multibanda siamo in grado di applicare diverse Treshold, diverse Ratio e diverse proporzioni a una banda bassa, media e alta. Ricordiamoci che tutti i compressori multibanda hanno sulla banda il “make up”, perciò hai già la possibilità di applicare una compressione con regole diverse e lo puoi fare intelligentemente, perchè una volta che hai creato tutta la tua compressione, puoi saltare a pari livello sull’originale, valutare se stai schiarendo troppo la cosa e abbassare semplicemente la banda con il make up. Quindi il compressore multibanda ti permette di effettuare una compressione mantenendo molto di più di un compressore “normale” full range, le proporzioni del file originale, e questo è già il primo vantaggio.


                          Il pannello centrale con in alto il classico Audioscope Spectrum Analyzer

Secondo vantaggio: quando si comprime normalmente in un mix, si vuole sentire l’effetto del compressore, quindi si tende a tenere sotto controllo il transiente. Se io devo comprimere un basso tendo a lavorare con tempi di attacco veloce e tempi di rilascio un po’ più lenti, perchè devo controllare il transiente di attacco della cassa o del basso onde guadagnare lo spazio necessario per alzarlo di livello. In mastering non lo posso fare, perchè modificherei il transiente naturale del lavoro. Per questo la scelta artistica non è una cosa che si fa in mastering, ma durante il mix. Il mastering dovrebbe essere una fase di ottimizzazione. Quando lavori nella fase di post-produzione ovviamente non puoi permetterti di cambiare il transiente naturale del mix, a meno che non ci sia una esplicita richiesta, non puoi farlo. Per tutelare il transiente ed utilizzare comunque l’effetto della compressione, quindi guadagnare spazio per ottimizzare il prodotto, i compressori in mastering si settano esattamente al contrario: si mettono dei tempi di attacco molto lunghi e dei tempi di rilascio molto brevi. Il tempo d’attacco lungo si capisce da sé, perchè il compressore entra in attività quando il colpo è già passato. Quindi l’effetto di un compressore da mastering è di “sustaining”, non è di compressione correttiva del transiente, ed è una cosa completamente diversa, tende a sollevare il residuo d’onda, porta su tutto ma non ti corregge l’attacco, altrimenti stai facendo un mastering dei miei c…….
Il rilascio deve essere proporzionalmente veloce perchè il compressore ha bisogno di ritornare nella sua fase di “ri-lavoro” prima del colpo successivo. Quindi sono macchine studiate per fare quello. Se valuti il Maselec, ha dei tempi di attacco che arrivano a un secondo e mezzo e il rilascio a 20 millisecondi.

ZioMusic:  Beh, non mi hai detto però che cosa pensi tu di questa guerra dei volumi?

Albero Cutolo: Per me è una cag……a  mostruosa. Siamo arrivati al ridicolo ormai.

ZioMusic: Ci puoi chiarire velocemente la confusione sui temi “bit-rate” e  “frequenza di campionamento”?

Albero Cutolo: Sulla frequenza di campionamento ci sono una montagna di teorie. A me è capitato di ricevere mix registrati a 24bit e 96kHz che facevano schifo e mix registrati a 44kHz e 16bit che suonavano “da paura”. Per me non esiste il problema della frequenza di campionamento, a meno che tu non stia registrando con l’idea di lavorare poi per l’audio di un DVD o qualcosa che andrà su un formato ad alta densità, non ha nessun senso di lavorare a 96kHz. Appesantisci talmente tanto il sistema, hai meno risorse, meno tracce disponibili, oltre al fatto che poi se finirai su un supporto cd, passerai inevitabilmente da un 96Khz a un 44.100Hz, che è una perdita drammatica. Io preferisco lavorare con frequenze di campionamento medie, tipo a 48kHz e sempre a 24 bit.
Però mi capitano certe cose curiose a riguardo…
Mi arriva gente che mi dice “…ahhh …da quando lavoro a 24bit sento delle basse!” E che cavolo c’entra? Forse hanno delle allucinazioni uditive?
Il bitrate è soltanto questo: nella scala da zero a meno infinito se tu lavori a 16 bit hai 65.000 possibili interventi di volume, quella è la tua definizione. Sono semplicemente 65.000 parti che compongono uno spazio, ed è questa la tua headroom. Se lavori a 24 bit diventano 2.000.000 di livelli.

ZioMusic: E’ semplicemente meno frastagliato…

Albero Cutolo: Esatto, diventa più piccolo il gradino.

ZioMusic: Perciò possiamo dire che è più preciso ma non è un guadagno reale?

Albero Cutolo: Non guadagni nulla! Il suono è esattamente lo stesso. Quando però registri da un analogico, che ovviamente è un segnale elettrico, non ha problemi di livelli digitali, è un segnale di flusso continuativo. Quando si converte da analogico in digitale, convertendo con 65.000 interventi di livello, hai una conversione poco precisa in termini di restituzione della risposta dinamica. Se lavori a 24bit hai una risposta che è incredibilmente più precisa.  


Dall’alto verso il basso: Prism Sound Maselec MLA-2 Precision (stereo compressor); Termionic Culture Vulture (tube distorsion); Expounder 5 band full (parametric eq); Prism Sound Maselec MPL-2 (limiter); Apogee Rosetta 800 (convertitore); manca solo il TC Electronic Finalizer Wizard Series (mastering processor).

ZioMusic: Tanti dei nostri lettori musicisti hanno un home o project-studio dove fanno le loro produzioni incluso missaggio, ma poi preferiscono magari fare il mastering da qualche altra parte. Puoi spiegare quale è il modo migliore per preparare un mix al mastering?

Albero Cutolo: Ci sono due problemi tipici che mi capita di dover affrontare praticamente sempre: molta gente è abituata lavorare a casa applicando sul bus master correttivi dinamici. Mettono il loro multibanda, mettono il loro limiter L2 [storico plug in della Waves; ndr] , perchè quando mixano molti tendono a confrontarsi con prodotti già commercializzati, dove c’è già il mastering e sentono sempre le loro tracce basse. Quindi tendono a mixare, come se il mix dovesse già suonare come il masterizzato…

ZioMusic: Ma questo potrebbe essere anche un ragionamento non sbagliato: simulare già una specie di mastering con i plug-in per evitare poi delle sorprese nello studio di mastering…

Albero Cutolo Guarda, questo è un ragionamento che io condivido, è un metodo di lavoro che va benissimo, anzi è altamente consigliabile. Perchè quando tu applichi delle forti compressioni hai subito presente in fase di mix tutta una serie di problematiche che si creano con le compressioni: tutte le stazionarie sulle chitarre, le “s” diventano fastidiose…

ZioMusic: Gli effetti e i riverberi che aumentano molto di più…

Albero Cutolo: Esatto, tutti fenomeni che vengono evidenziati dalle compressioni. Se tu stai già sentendo la compressione applicata ovviamente fai un mix molto più pulito, preciso e affidabile sotto tutti i punti di vista. E’ normale che poi si voglia convertire quel tipo di compressione usando macchine analogiche, usando un orecchio terzo, perchè il mastering è anche quello: una persona che ti ascolta, che non ha mai sentito il tuo prodotto e quindi non è influenzato da tutte le cose che tu hai avuto per la testa in mesi e mesi di lavoro.

ZioMusic: Allora facciamo un esempio pratico: ho fatto il mio mix sulla mia bella DAW [Digital Audio Workstation; ndr] con compressori e limiter inseriti sul bus master. Togliendo questi plug-in di dinamica, fino a che livello di volume dovrebbe arrivare al massimo il mix, per darti un po’ di spazio per poter lavorare?

Albero Cutolo: Non c’è una regola. Considerando il fatto che la tolleranza del digitale è maggiore di quella che avevamo una volta su nastro, mantenendo un RMS intorno ai -12dB è un metodo di lavoro assolutamente corretto.

ZioMusic: E’ meglio arrivare con il mix, con limiter sul master disinserito, il più vicino allo 0 dB o no?

Albero Cutolo: Anche qui ci sono scuole di pensiero diverse. Io personalmente dico di sì, perchè più sfrutti il tuo range dinamico in apertura meglio è, con un picco a 0db o a –1 se proprio vuoi fare il precisone. Però è l’RMS che mi interessa. La sommatoria, l’energia generata. Di solito un mix fatto a regola d’arte dovrebbe suonare intorno ai -15 / -16 dB. Volendo anche fino a –12 dB, non c’è nessun tipo di problema. Dipende anche molto dal genere che fai. Con il Metal moderno è normale che arrivi subito a quel tipo di RMS lì, non fai tanta fatica, anche perchè l’RMS, essendo la quantità di energia elettrica sviluppata, è influenzata anche dall’equalizzazione. Se tu hai una band che sta suonando tutto ribassato, con le sette corde è normale che generi molte più frequenze basse e l’RMS si alzi già di suo, perchè la quantità di corrente generata dal basso è maggiore e ti darà comunque un RMS più alto. Da notare che questo discorso non c’entra con la dinamica. Se si lavora fino ai –12 dB io sono contento.

ZioMusic: Tu preferisci lavorare con gli stems [i gruppi di uscita, cioè il bus delle batterie, il bus delle chitarre, del basso, della voce, dei cori ecc.; ndr] o con un full mix in stereo?

Albero Cutolo: Io chiedo sempre almeno un minimo di stems, ovvero base, voce e cori. Perchè le voci sono la prima cosa che arriva all’utente quando ascolta un disco e sono da curare molto di più di tante altre cose. Le basi le prendo sempre per buone, perchè fanno parte secondo me della scelta del mix che ha fatto una persona, quindi non contesto il posizionamento o il livello di una chitarra o di un basso, è una scelta artistica. Se tu sei contento di un mix, io te lo rispetto. Ma nella fase di compressione sono io stesso a creare problemi sulle voci, che poi devo risolvere. Le voci si induriscono, le “s” diventano fastidiose e io lavorando su un full mix stereo se correggo una “s” ammazzo un piatto, se correggo la media di una voce ammazzo il rullante, se correggo una bassa della voce abbasso anche un fusto. Ho bisogno di avere le due cose separate, perchè posso fare un intervento molto gradevole, molto morbido sulle voci e non toccare minimamente il discorso dei transienti che facevamo prima.
Poi dico sempre alle persone che se in un loro mix piace tutto, ma magari si rileva un problema sul basso, la classica nota che sfora, o comunque ci sono dubbi, è meglio separare lo strumento che da problemi in modo che in mastering si può trattare seperatamente.
Unitamente alle stems io voglio sempre anche il full mix, cioè la somma degli stems e magari anche un full mix già compresso, così mi faccio un’idea di quello che è stato provato, quale è il suono che piace e mi risolvo tanti problemi di scelta.


Dall’ alto verso il basso: Dolby A Model 361 (noise reduction); Dolby SR Model 361 (noise reduction); Tascam DA-60 MKII (DAT recorder); Cedar DCX (real time declicker); WEISS EQ-1 Gambit Series (7 bands mastering eq).

ZioMusic: Come’è costituita la tua tipica catena di processori nei quali passa l’audio?

Albero Cutolo: Su ProTools sommo tutto quello che sono gli stems della base in un bus Base, tutto quello che sono gli stems della voce in un bus Voce.  Per questi due stems posso decidere se convogliarli in un modulo Mid/Side [tecnica utilizzata per aumentare o diminuire la spazialità di un mix] prima di andare nel bus master, oppure se andare direttamente nel bus master.

ZioMusic: Il Mid/Side lo fai con un plug-in?

Albero Cutolo: Io lo faccio con una struttura di bus che ho creato io stesso. Mi sono creato un template mio su ProTools. Si fa con otto bus mono, dove ho il bus Mid che posso equalizzare e comprimere e gestire in modo seperato e un bus dove ho il Side. Quindi faccio una codifica e una decodifica. Ovviamente posso inserirlo come template all’interno della mia catena. Prima regola se si utilizza il Mid/Side: metterlo sempre prima della compressione, perchè i bus, visto che tu stai sommando dei canali, tendono a saturare molto velocemente. Le macchine analogiche che uso sono fondamentalmente stereo, perciò gli insert, analogico e digitale, vengono messi sul bus master stereo.
Una volta che ho il mio bus voce e il mio bus base, applico sicuramente su quei due bus degli equalizzatori plug-in a 10 bande.

ZioMusic: Perchè usi dei plug-in ?

Albero Cutolo: Li utilizzo per le equalizzazioni sottrattive, cioè  per correggere le stazionarie e per togliere delle frequenze in eccesso che magari danno fastidio, una volta ottenuta la compressione. Il vantaggio è che si possono automatizzare, quindi non applico mai una campana di eq per tutto il pezzo, a parte non ci sia un problema identico dall’inizio alla fine. Così posso intervenire in modo capillare solo dove serve.

ZioMusic: Presumo allora che il De-esser non ti piace particolarmente?

Albero Cutolo: Non mi piace per niente! Io correggo le “s” tutte a mano, con il controllo del volume e basta.
Altra ragione perchè uso dei plug-in nella fase di equalizzazione sottrattiva è perchè riescono ad arrivare a una sezione e strettezza della campana che è sconosciuta all’analogico. Se io andassi a correggere una stazionaria con una campana di un analogico con il Q più chiuso possibile, sarebbe come uccidere una mosca con una doppietta, non avrebbe senso. Invece così posso arrivare quasi al notch e togliere soltanto quello che mi serve. In questo modo c’è un rispetto maggiore del suono originale.
Una volta che ho corretto tutte le frequenze che non mi interessa avere applico l’equalizzazione additiva con macchine hardware esterne. Preferisco usare il Weiss EQ1 [equalizzatore parametrico digitale a 7 bande; ndr] o il TC Electronic, che non lo vedi qui perchè l’ho prestato per oggi allo Studio 2 del Massive Arts, che comunque sono digitali, ma mi permettono di avere una buona efficienza nel recall. In alcuni casi trovo godurioso però lavorare anche con l’eq analogico, che ti crea molti più problemi nell’aprire la sessione in un secondo tempo, nella precisione dell’intervento fra canale destro e sinistro, perchè va un pochino più “a spanne”, però è un tipo di colore decisamente diverso dal Weiss. A seconda di cosa mi trovo decido quello che voglio usare.
Di solito tendo a mettere un equalizzatore prima del compressore e un equalizzatore post compressore, perchè compenso eventuali scurimenti generati dal compressore che magari ha controllato un po’ troppo un transiente, e vado a rigenerarlo un po’ a 4-5 mila Hz in modo da restituire “l’unghiettina” che magari mi ha mangiato via.
Perciò la catena effettiva è la seguente: dal master out tramite insert digitale entro nella sezione eq pre compressore con il Weiss EQ1 e il TC che uso però esclusivamente per il shelving. Poi entro nel mio insert analogico. Qui troviamo in catena un distorsore valvolare stereo, il “The Culture Vulture” della Thermionic e il MLA-2, compressore di precisione stereo della Maselec Master Series di Prism Sound, quindi tendo a fare la distorsione armonica dispari prima del compressore, perchè così controllo la somma delle due cose. In uscita dal compressore ho il secondo eq, che è l’equalizzatore dinamico Expounder dell’azienda scozzese CLM-Dynamics. Conclude la catena il limiter Maselec MPL-2.

ZioMusic: Vedo inserito però anche un plug-in L2 della Waves?

Albero Cutolo: Si, ma questo L2 fa solo una correzione di 1dB. Il Maselec è un limiter che ha un colore abbastanza scuro. L2 ha un algoritmo frizzante, è tutto "allegro". Non lo uso tanto per dare 1 dB di compressione in più che potrei darlo benissimo dal Maselec ma perchè mi piace come compensa la resa del Maselec. Mi da una frizzantezza che assieme al Maselec risulta più viva.
 
ZioMusic: Sempre per il capitolo “come preparare al meglio il nostro mix per il mastering” una domanda che anche personalmente mi sta a cuore: un sommatore può veramente fare la differenza?

Albero Cutolo: Si, totalmente. Anche se pure qui esistono scuole di pensiero diverse. Io ne ho provati un po’. Me li sono fatto spedire, ho testato con mano e orecchio vari prodotti. Sono per i sommatori a stato solido, non prenderei mai un sommatore valvolare, perchè non suona mai uguale e ti crea tutta una serie di problematiche. Poi è molto meglio se il sommatore è passivo, non amo molto i sommatori a stadio attivo. La somma per me serve fondamentalmente per un discorso di fasatura. Quando sommi all’interno di una DAW, dove magari hai caricato una montagna di plug-in e ti sono rimaste poche risorse, perchè di solito si arriva sempre “al chiodo”, la somma che viene fatta all’interno di un meccanismo digitale su una piattaforma stressata può avere dei problemi di fasatura anche gravi: senti vibrare le basse, non è ben “inchiodato” il mix. Col sommatore separi tutto quanto e fai una somma analogica e quello che ottieni per prima cosa è una fasatura perfetta. Questo è la ragione base perchè io prenderei un sommatore, non ce ne sono poi tante altre. Non mi interessa neanche di avere gli insert sui gruppi che sommo. Mi interessa che faccia una bella somma e basta. 
Da considerare, oltre alla fasatura, è anche una performance migliore in fase di conversione. Se tu stai convertendo tutto su un bus stereo, stai adottando un convertitore stereo per convertire il sommato di tutto. Se invece stai uscendo dalla scheda audio con bus separati, stai usando un convertitore per le batterie, uno per il basso, uno per le chitarre, uno per la voce, ecc…, la precisione della conversione è molto maggiore, questo è poco ma sicuro.
 
ZioMusic: Perciò per un sommatore vale “più è pulito, meglio è”?

Albero Cutolo: Per me nell’audio vige questa regola su tutto! Meno roba tu metti in una catena audio e meglio stai!

ZioMusic: Sempre se non vuoi colorare volutamente…

Albero Cutolo: Ovviamente, questo sì.

ZioMusic: Tra quelli che hai provato qual’è che ti ha convinto di più?



Albero Cutolo
: Mah… per esempio il Neve non mi ha convinto per niente! Un sommatore che mi è piaciuto moltissimo invece è quello dell’azienda americana Dangerous Music, perchè è molto pulito e rispettoso. Vuol dire che quello che gli metti dentro te lo ridà in uscita ed ha un rapporto qualità prezzo secondo me eccezionale. E’ bello sia il 16 canali [si chiama Dangerous DM01 2 bus e da Funky Junk costa 2.120,00 Euro + IVA ma esiste anche anche una versione LT che costa la metà; ndr] che l’8 canali, anche se il 16 canali è una macchina molto più evoluta.

ZioMusic: Se dovessi consigliare ai nostri lettori invece un preamp che non costi un occhio della testa?



Albero Cutolo: Posso vivamente consigliare il VTB1 della Studio Project. E’una macchina che costa veramente poco [da www.dsaudiosolutions.com viene venduto a 138,00 Euro; ndr], ed è eccezionale. Intanto funziona egregiamente come DI, soppratutto per il basso. Ha un circuito di preamplificazione allo stato solido, più un circuito di preampiflicazione con una 12AX7 a valvola che puoi dosare, cioè decidere quanto vuoi di stato solido e quanto vuoi di valvola. Alimentazione phantom 48Volt, uscita bilanciata e sbilanciata, ingresso bilanciato e sbilanciato, due impedenze di ingresso per i microfoni, 200 e 50 ohm. E’ bellissimo e suona veramente bene con un rapporto qualità/prezzo incredibile.

ZioMusic: Un compressore che vuoi/puoi consigliare invece, magari qualcosa per la voce?

Albero Cutolo: Uhhh… difficile. Parliamo sempre di cose con un prezzo non elevato?

ZioMusic: Beh sì, sarebbe meglio!



Albero Cutolo: Mmmh… posso consigliare magari il Voicemaster Pro della Focusrite [da www.strumentimusicali.net costa 459,00 Euro; ndr] che ha tutto per il trattamento della voce: preamplificatore, compressore, una parte di equalizzazione e il gain di uscita. Molto carino!

ZioMusic: Di monitor parliamo magari la prossima volta…

Albero Cutolo: Si, conviene fare un servizio solo su quello, visto che si rischia di parlare per secoli!!!

ZioMusic: Grazie Alberto, sei stato gentilissimo!!!

Albero Cutolo: Grazie a voi, è stato un grande piacere! 

Info: www.massivearts.com
Info: www.facebook.com/albertocutolo?ref=ts
Info: www.linkedin.com/in/albertocutolo
 


Guido Block
Redazione  ZioMusic

 

Vai alla barra degli strumenti