Strumenti antichi contro moderni, parola alla scienza

A fine ottobre avevo scritto un editoriale dal titolo “Digitale contro Valvolare: una guerra di emozioni” (Link), articolo che aveva sollevato molte opinioni a favore della tesi proposta ma anche alcune critiche. Qualche giorno fa il quotidiano Guardian di Londra ha messo in prima pagina i risultati di una ricerca scientifica che propone e cerca di dimostrare una tesi molto simile alla mia, ovvero che l’emozione, l’elemento di mito e reputazione a volte pesano di più dei fatti reali nella valutazione di uno strumento.

L’esperimento, condotto dalla dottoressa Claudia Fritz e pubblicato sulla rivista "Proceedings of the National Academy of Sciences", è stato condotto sui violinisti, una categoria di musicisti per i quali lo strumento è quasi un’estensione fisica del proprio corpo. In breve 21 violinisti concertisti di livello internazionale sono stati bendati ed inibiti dal punto di vista olfattivo, quindi sono stati fatti loro suonare 6 violini diversi sui quali esprimere un voto sul suono dello strumento dopo ogni prova. Ecco il punto chiave. Tre di questi violini erano moderni, per un valore complessivo di 10 mila euro, gli altri tre invece erano violini antichi di grande pregio, valore complessivo circa 10 milioni di euro. I tre violini antichi per la precisione erano due Antonio Stradivari datati 1700 e un Guarneri del Gesù del 1740, in ordine di importanza i due più grandi liutai di tutti i tempi.

So che siete ansiosi di sapere il risultato, ma il mio preambolo dovrebbe avervi già dato un indizio. I tre violini moderni, medie alla mano, sono stati quelli con i voti migliori; il voto peggiore è andato proprio ad uno degli strumenti più pregiati al mondo, uno Stradivari. “Non importa se un violino è antico o moderno, conta che sia un buon violino, e ci sono liutai di oggi che costruiscono strumenti di ottima qualità”, ha affermato la dottoressa Fritz. Il parere di Kai-Thomas Roth, segretario della British Violin Making Association, è più strutturato: “C’è molto mito nella reputazione degli antichi violini. Un grande musicista, se non riesce a produrre il suono desiderato da uno Stradivari, continua a perfezionare il suo affiatamento con il violino finché non è perfetto; di contro scarta subito un violino moderno quando non lo convince”.

Nel mio editoriale il ragionamento era stato fatto analogamente per amplificatori e hardware valvolari contro digitali, ma quest’ultima frase, ‘mutatis mutandis’, potrebbe essere perfettamente adattata al mondo degli amplificatori, delle chitarre e bassi, di certi pedali effetto e distorsori, e potrei continuare per molto.
Esistono fattori oggettivi per gli strumenti: la stagionatura e l’invecchiamento del legno li rende più stabili e con più sustain; l’avvolgimento manuale dei solenoidi dei pickup spesso crea un’equalizzazione di taglio sulle alte che da un suono meno fedele ma anche più musicale; l’elettronica interna a componenti discreti e saldati a mano genera meno interferenze ed un segnale più forte.
Altri fattori potremmo citarli per l’hardware valvolare ma l’abbiamo già fatto in passato (Link).

Il fatto è che oggi si è in grado di riprodurre questi fattori con grande consapevolezza, stagionando i legni con camere a controllo elettronico, selezionando i pickup fatti a mano o a macchina con analisi di spettro, tornando a usare componenti elettronici discreti e non schede prestampate, e così via. Per di più non bisogna trascurare il fatto che, come per i grandi classici della letteratura, il tempo effettua un’operazione importante di selezione dei pezzi migliori.

Cosa accadrebbe se questo esperimento fosse fatto testando chitarre Fender, o Gibson, o Martin vintage e moderne? Cosa accadrebbe se una giuria di ingegneri del suono fossero messi a valutare i risultati di equalizzatori moderni e vintage, a parità di qualità costruttiva?
Sono convinto che le sorprese potrebbero non fermarsi soltanto al mondo dei violini.

Luca “Luker” Rossi
Redazione ZioMusic.it

 

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