Tutto è cominciato nel Regno Unito, dove la musica live è uno dei pilastri dell’intrattenimento e della cultura, dove uscire per andare ad un concerto la sera non significa solo lo stadio o il palazzetto ma andare al pub sotto casa, dove quasi ogni sera si trova qualcuno da ascoltare mentre si beve una birra con gli amici.
Se la crisi aguzza l’ingegno allora gli inglesi sono i primi della classe. Nel giro di poco hanno approvato un disegno di legge per abolire i permessi e le spese per i concerti sotto i 200 spettatori ed entro le ore 23.
Il risultato è stata un’immediata rifioritura culturale ed economica della musica dal vivo che parte dal basso.

Stefano Boeri
In Italia, almeno per una volta, abbiamo saputo prendere il buon esempio. Uno dei pochi casi in cui copiare dai ‘secchioni’ è cosa buona e giusta. L’architetto ed ex assessore alla Cultura del comune di Milano, Stefano Boeri, lo scorso giugno 2013 aveva scritto, in una lettera aperta al Ministro Bray attraverso le pagine del Corriere della Sera, un appello perchè la stessa legge ‘mutatis mutandis‘ potesse essere approvata in Italia. [Riportiamo la lettera integralmente in fondo a questo articolo].
Ebbene una petizione con oltre 47 mila firme ed un Ministro che sta dimostrando di saper lavorare nell’ombra ma con efficacia, hanno prodotto un emendamento al Decreto “del Fare” che l’altro giorno è stato finalmente approvato dal Senato ed entro l’8 ottobre dovrà essere approvato definitivamente dalla Camera.
L’emendamento in sostanza introduce una semplice autocertificazione da consegnare in Comune, al posto del calvario di licenze e autorizzazioni oggi necessari per organizzare un concerto con meno di 200 spettatori entro le 24.
Boeri ha commentato con soddisfazione: “La sfida è quella di redigere una “Carta della Musica dal vivo” da condividere con i protagonisti della scena musicale italiana e da usare come manifesto per agire con efficacia su singoli aspetti della filiera della musica e sulle norme che la regolano.
Ma permetteteci di dire che da oggi, con una musica più libera, l’Italia tutta è un po’ più libera. E ricca. E felice.”
Speriamo che anche questa Carta possa essere messa in cantiere entro breve e che introduca ulteriori semplificazioni e risparmi. Primi tra tutti esenzioni INPS e SIAE, soprattutto per le band con repertorio di cui detiene i diritti, una norma che impedisca lo sfruttamento degli artisti e ne stabilisca un onorario concordato minimo e detassato per accedere agli sgravi burocratici e fiscali, ed un registro nazionale degli artisti professionisti per accedere a detrazioni fiscali sugli acquisti inerenti il proprio mestiere.
Ne riparleremo presto.
Ecco la lettera aperta di giugno:
“Gentile Ministro Bray,
i Rolling Stones, gli Who, gli U2, ma anche i Beatles (nel mitico Cavern di Liverpool) hanno cominciato a suonare nei pub e nei locali dal vivo, per qualche decina di ascoltatore sparso tra i tavoli o in piedi con una birra in mano. La musica, come ben sappiamo, non è un prodotto preconfezionato. Nasce in situazioni imprevedibili – un incontro casuale sui banchi di una scuola davanti a una pizza, sulla rete- e cresce in luoghi spesso occasionali: uno scantinato, un garage, una soffitta. Ma subito cerca, come l’ossigeno, un pubblico e uno spazio per mettersi in scena, magari davanti a pochi amici o parenti durante una festa, un matrimonio, una serata in un locale.
Aiutare la musica a crescere, significa offrire a migliaia di giovani donne e uomini la possibilità di suonare in pubblico e dal vivo. Offrire loro spazi da cui possano sprigionare la loro linfa vitale. Sapendo che l’investimento in musica moltiplica i valori iniziali; perché la musica non è mai solo tempo libero e intrattenimento, ma una corrente che accende la vita degli spazi in cui scorre, produce lavoro, attira pubblico, incentiva il turismo e alimenta la creatività.
La musica è in altre parole una parte fondamentale della nostra economia; con un indotto esteso e articolato, che non riguarda solo chi fa parte della filiera (gestori, producer, autori, promoter, discografici, editori, artisti…), ma coinvolge e beneficia chi la musica la ospita, la promuove, la pubblicizza.Eppure oggi in Italia fare musica dal vivo è sempre più difficile. Un groviglio di permessi, licenze, autorizzazioni rende oneroso e complicato organizzare momenti di ascolto live : sia per chi la musica la fa che per chi la ospita.
Noi crediamo, gentile Ministro, che una legge italiana sulla musica dal vivo sia oggi cruciale.
Una legge che, in accordo con la SIAE e l’ex ENPALS (due oneri fissi per qualsiasi pubblico spettacolo) annulli le procedure burocratiche e i permessi per i locali – di qualsiasi tipo – che ospitano chi si esibisce dal vivo. Ci serve una normativa che stabilisca delle regole ragionevoli, come l’autocertificazione in rete degli spettacoli, una soglia massima di spettatori, orari condivisi per la musica su tutto il territorio nazionale; regole valide per tutti: gestori, artisti, fruitori, residenti.Anche perchè una legge siffatta saprebbe affrontare nel modo più efficace i disagi prodotti dai fenomeni della cosiddetta “Movida”. Moltiplicando nelle città italiane l’offerta di spazi dove si suona dal vivo (musica classica, rock, indie, jazz, blues, folk..) si diluirebbe infatti quella esacerbata concentrazione di folla attorno ai pochissimi locali in cui si può fare e ascoltare musica anche in ore serali. Per parlare solo di Milano, in pochi anni abbiamo perso il Derby, il Capolinea, la casa; 139 luoghi che hanno ospitato dal vivo le sonorità di artisti diversi e straordinari come Jannacci, Chet Baker e gli Afterhours.
In Inghilterra dallo scorso ottobre è in vigore una legge, la “Live Music Act”, che liberalizza e gli eventi di musica dal vivo con meno di 200 spettatori entro le ore 23 – e che incentiva le formazioni che si esibiscono “in acustico”. Una legge che ha già cambiato il panorama musicale delle città inglesi e che ha avuto nel nostro Paese una fortissima eco mediatica.
Un Ministro che ha presieduto per anni uno dei più straordinari eventi di musica dal vivo europei – la Notte della Taranta di Melpignano- può meglio di chiunque altro capire come una legge italiana sulla musica dal vivo sarebbe davvero, un “decreto del fare.
Stefano Boeri“
Luca Rossi
Redazione ZioMusic.it
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