Mario Biondi Live: l’illuminotecnica

Lo show di Mario Biondi è uno show da ascoltare. Credo che siano in parte d’accordo anche coloro che nello specifico si sono occupati della gestione illuminotecnica, Jò campana in testa.
Né l’artista, né la location richiedono mirabolanti effetti scenici o complessi ed articolati disegni luce. Quello che c’è da fare è illuminare la band e l’artista ricreando auspicabilmente un’atmosfera coinvolgente e intima.
Per una volta ancora è il caso in cui “meno è meglio”. Ma attenzione a non commettere l’errore di pensare che questo sia un compito facile. Chiunque abbia un minimo di conoscenza del settore sa bene che questo genere di lavori, per di più in una cornice che può essere tanto insidiosa come il teatro, è tutt’altro che semplice. A far danni ci vuol poco.
Jò Campana è professionista navigato e anche quando l’obbiettivo è fare il “minimo sindacale” – non necessariamente in senso negativo – svolge il lavoro come deve essere fatto permettendosi anche qualche slancio di originalità, con quel poco che ha a disposizione a questa tornata. Pubblico sempre numeroso e soprattutto contento, e qui avremmo già detto tutto.
Siccome noi siamo “quelli del settore” un piccolo rammarico rimane: va bene allestire una produzione “asciutta” e con un occhio al budget – siamo fautori da tempo di questa tendenza – ma un artista come Biondi, i cui show sono praticamente sempre sold-out ed un LD come Jò Campana, avrebbero meritato qualche attenzione in più. Soprattutto in virtù del fatto che non di rado abbiamo visto artisti e produzioni con meno “sostanza” beneficiare di produzioni e budget di ben altro livello.
Ci sarà tempo per un tour di spessore per un Artista che merita palcoscenici internazionali…

ZioGiorgio.it: Jò, artista concreto, pubblico sempre presente ed una fama ed un successo che ormai superano abbondantemente i confini del nostro Paese. Nonostante questo la scenografia è ridotta ad un fondale plissettato, una mirror-ball e poco altro…

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Jò Campana in primo piano alla console GrandMA1.

Jò Campana: vero, in effetti non sono presenti altri elementi scenografici e questo è dovuto principalmente a due fattori.
Il primo è di carattere “fisico” e legato agli ingombri sia sul bilico che trasporta questa produzione che è veramente tappato a “muro”, sia di spazio sul palcoscenico che deve ospitare, oltre a Mario, tre pedanamenti, otto musicisti con un relativo backline piuttosto consinsente (tra cui un pianoforte, contrabbasso, percussioni varie, insomma tutta roba che fà molto volume…) e di conseguenza, anche volendo, non ci sarebbe stato molto posto per alloggiare altri elementi aggiuntivi.
Il secondo motivo è che tutto sommato, visto il genere musicale proposto da Mario, non è richiesto altro che questo o comunque sia staremmo parlando di stratagemmi similari o equivalenti cioè un bel fondale, qualche quinta elegante etc…
Non vorrei correre il rischio di sembrare retorico ma potrei definirla una scelta artistica e nemmeno troppo forzata; senza tirare in ballo illustri paragoni ma ti è mai capitato di vedere un concerto di Al Jarreau o di Van Morrison? Della serie: fondale nero, inquadratura teatrale e via suonare!
A prescindere da queste considerazioni ti confesso che in futuro conterei di implementare l’aspetto stilistico del palco, l’artista lo merita e qualcosa ho già in testa…

ZioGiorgio.it: in questo tour hai la possibilità di misurarti con una dimensione che, in definitiva, non è il tuo habitat abituale, il teatro. Che approccio hai adottato per costruire lo show luminoso?

Jò Campana: in realtà reputo il teatro come “il posto” per lavorare con la materia luce, l’unica venue dove il buio è buio vero, dove si può dosare e percepire l’intensità di una sorgente luminosa veramente in modalità controllata.
L’approccio si può così definire di stampo classico, tre americane lineari e in coperta, piantane e tagli anch’essi in quinta e a scomparsa, una cospicua dotazione floor per curare alcuni dettagli, il resto poi sta sempre nella sensibilità e nel saper interpretare alcune situazioni musicali in maniera adeguata.

 …il resto poi sta sempre nella sensibilità e nel saper interpretare alcune situazioni musicali in maniera adeguata.

ZioGiorgio.it: cosa ti diverte di più nel lavorare con Mario Biondi? Quali situazioni hanno stimolato la tua creatività?

Jò Campana: è pur vero che Mario Biondi viene comunemente catalogato come genere “soul” o “jazz” ma in realtà il suo repertorio è molto più ampio di quanto si possa pensare e le atmosfere musicali che ne conseguono, seppur all’interno di questa griglia, possono risultare piuttosto diversificate.
All’interno delle due ore di scaletta si passa da brani profondamente intimisti e minimali a situazioni più up-tempo e che a volte sconfinano nel funky puro (vedi alcune tracce dell’ultimo album Sun).
ZioGiorgio.it: il genere in questione, seppur molto elegante e raffinato, a mio avviso a tratti rischia di diventare ”ripetitivo”. Le luci hanno un qualche ruolo nel mantenere “frizzante” lo spettacolo?

Jò Campana: come ti ho appena accennato, la chiave di lettura stà proprio nel dosare le forze e nel saper riconoscere e interpretare brano per brano.
In diversi momenti agisco in modalità puramente manuale, sagomatori in appoggio dove serve, fari motorizzati che non effettuano alcun movimento, solo piazzato di colore come key-light, in altri invece tendo a sottolineare l’elemento ritmo con effetti di dimmer creati sul BPM del brano musicale.

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ZioGiorgio.it: ho notato che non c’è sempre e comunque spot fisso sull’artista – sebbene sia sempre illuminato – quasi a voler condividere la scena con la band, peraltro di altissimo livello. Hai avuto indicazioni o consigli in merito a questi aspetti o hai interpretato tu il concerto con questa chiave di lettura?

Jò Campana: non ho avuto nessuna indicazione da nessuna fonte, ho liberamente interpretato.
Mario ha le sue posizioni obbligate con relative incandescente puntate ma poi si muove spesso su tutto il fronte del palco e spesso abbozza o improvvisa, questo il motivo per cui ho preferito cautelarmi portandomi al seguito un follow-spot di produzione ( in alcune venue più grandi vedi Roma e Milano anche due ); tendenzialmente non sono un amante dello spot sempre e comunque sull’artista ma è pur vero che, se necessario, ho sempre il dovere di renderlo visibile al pubblico in qualunque momento; se poi ti dicessi che Mario ogni tanto scende in platea e cantando passeggia tranquillamente tra la gente fino a trovarmelo in regia F.O.H. direi che la presenza di un seguipersona in questo caso si può definire vitale.

ZioGiorgio.it: hai girato molti teatri negli ultimi mesi. Appurati i limiti “intrinsechi” del teatro all’Italiana, non certo nato per questi spettacoli “moderni”, come ti sei trovato a livello generale a dover impostare ogni volta lo show come è stato concepito?

Jò Campana: sinceramente non abbiamo mai incontrato grosse difficoltà nel montare lo spettacolo eccetto per un paio di date, anzi ti dirò che secondo me il teatro all’italiana è la location ideale per questo genere di spettacolo.
Il calore del legno, le decorazioni in sala, i lampadari, l’ architettura con gli ordini di palchi e le barcacce, avere la possibilità di fare sipario, di lavorare con quinte e cieli, tutti elementi che contribuiscono ad amplificare il valore intrinseco di uno spettacolo.

ZioGiorgio.it: i tagli. Tre a terra e tre a media altezza se non sbaglio. Fanno parte del tuo repertorio o hai osato un po’ di più a questa tornata?

Jò Campana: mi piace molto lavorare coi tagli, soprattutto in virtù di quello che ho appena detto. Mi consente di non lavorare sempre con angoli piatti che schiacciano l’immagine, di conferire una nota di tridimensionalità e di accentuare alcune sfumature. In questa produzione ci sono tre piantane per lato con PAR64 cp60 lamp frostati, sei blinder a due lampade altezza floor e sei wash700.

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ZioGiorgio.it: parliamo della palla da discoteca. Mi hai raccontato che l’hai praticamente tirata fuori dalla polvere di un magazzino della produzione. Una palla, qualche faro puntato ed ecco un effetto classico e di sicura efficacia a costo praticamente “zero”. Sarà il caso di tornare ad inventarsi soluzioni “custom” piuttosto che seguire il mercato che sforna centinai di progetti e prodotti non sempre così necessari?

Jò Campana: hai dimenticato anche le luminarie! Visto che l’ultimo progetto discografico di Mario è dedicato a dei classici di Natale, ho pensato di dare una piccola connotazione a quel segmento della scaletta montando delle micro tende a led dietro il fondale di organza e che si accendono solo in quei brani, direi poca-spesa e tanta-resa. (link: http://www.youtube.com/watch?v=dAy6Wrj5bsA)
Oramai mi sembra ultimamente di ripetere spesso gli stessi concetti: pensare, progettare, calibrare una produzione partendo da qualche idea e rispettare un badget, indipendentemente dall’entità e dalla grandezza della cosa, sembra che sia diventata un’impresa inaffrontabile. Io invece credo fermamente che sia ancora possibile e mi piace pensare che, lavorando con le persone giuste al posto giusto, lo potrà essere anche in futuro.

ZioGiorgio.it: mi sono lasciato la domanda di dubbia intelligenza per la fine. Come mai nel fondale non c’è una scritta tutta oro e paillettes “Mario Biondi”? Farebbe molto Las Vegas, la vedrei bene!

Jò Campana: e’ stata un’ipotesi che mi era balenata nella testa in fase di progettazione. In seguito poi ho pensato che sarebbe risultata appunto un po’ troppo kitch o glam e che, più che Las Vegas, Mario Biondi lo avrei più accomunato ad una sobrietà di stampo Londinese…

Sarà forse la mia personale passione per il glam-mteal e l’hai-metal a ipotizzare soluzioni così “tamarre”?…

Aldo “Hucchio” Chiappini
ZioGiorgio Staff

 

 

 

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