Con oltre 30 anni di esperienza nel settore, il Sound Engineer Steve McGuire vanta ad oggi numerose collaborazioni con una vasta gamma di artisti, definita da lui stesso come “eclettica”:
“La mia carriera spazia tra molti generi, va dall’Adult Oriented Rock dei Wallflowers, passando per l’R&B di Joss Stone, fino al Latin Pop con Paulina Rubio. Ho mixato il sound del progressive Jazz di Billy Cobham, il Metal di Prong, il Girl Pop- Punk con le Go-Go’s, il “Boy Band” pop dei Big Time Rush, la Motown dei Funk Brothers, per non parlare dei 3 Presidenti degli Stati Uniti.” – Steve McGuire.
Di recente Steve ha lavorato con la band britannica The Cult ed così che lo abbiamo intervistato al Pistoia Blues Festival di quest’anno, per avere visione d’insieme sulla vita “on the road” con una band che McGuire descrive come “Good Old Rock and Roll”.
ZioGiorgio.it: come hai iniziato a lavorare con i Cult?
Steve McGuire: è nato tutto quando ho ricevuto una chiamata dal manager, Tom Viterino, che mi ha chiesto se avessi voluto curare il loro mix live. Ho iniziato con la band per gli show dei Guns N ‘Roses, a cui i Cult curavano gli open act. Ho seguito tutto il loro periodo con i Guns prima di fare un tour in nord America. Successivamente siamo andati in Australia, in Nuova Zelanda, per poi tornare negli Stati Uniti. All’inizio dell’estate invece abbiamo iniziato con i concerti in giro per l’Europa ed ecco che oggi sono qui a Pistoia.
ZioGiorgio.it: ho notato che oggi state lavorando in mezza produzione
Steve McGuire: negli Stati Uniti abbiamo portato la console FoH, la console di monitoraggio, i wedges per Billy, i microfoni, un rack UAD e un Mac Mini con Pro Tools per la registrazione. L’anno scorso, negli USA, ho usato l’Avid S6L, mentre quest’anno sto utilizzando un Avid Venue. Registro con l’FWx ogni giorno, così da avere un virtual il soundcheck sempre disponibile. Utilizzo l’UAD Apollo 16 come 16 inserti di hardwire nel banco. Per il basso DI, uso un EQ Neve 1081, con un compressore Fairchild 670. In termini di percorso del segnale abbiamo un DI nella Stagebox che va al rack FoH, un inserimento analogico nel FoH rack Out che torna all’UAD in e poi Out. Per la voce uso ancora l’EQ Neve 1081, nel Teletronix LA-2A Gray, che dà un bel sound rock and roll.
ZioGiorgio.it: quali sono le caratteristiche peculiari che deve avere un sistema per poter riprodurre il tuo “sound”?
Steve McGuire: il sistema deve essere in grado di produrre una gamma completa a 110DB. Se posso avere 110DB riesco a mixare bene a 104/105db avendo ancora margine.
ZioGiorgio.it: qual è la procedura standard che utilizzi di solito per sistemare al meglio il PA?
Steve McGuire: questa è una band che mi piace definire “rumorosa”! Anche oggi, come faccio ormai da più 40 anni, ho attaccato il mio MacBook, ho caricato Smaart, e poi ho fatto partire un rumore rosa dal PA per analizzare il sistema e per capire cosa succedeva nello spazio intorno. Dopodiché mi avvalgo delle orecchie e per fare il paragone faccio affidamento su alcuni brani come “Brothers in Arms” dei Dire Straits, o “Blackstar” Ricorrendo a questa tecnica, se così si può chiamare, so quali sono i confronti da fare per capire le qualità sonore. Alla fine dei conti non importa come suona il sistema con il rumore rosa o con la musica, ciò che conta veramente è che suoni bene con la band.
ZioGiorgio.it: poco fa che stavi chiedendo un po’ più “punch” al system engineer resident, cosa stai cercando di fare?
Steve McGuire: ricercavo un po’ più di presenza sulla parte medio-bassa. Mi accorgo spesso che frequenze tra i 100Hz e i 180Hz sono un po’ sciatte durante il check. Aspetterò che arrivino un po’ di persone e che cali il sole, perché di solito le frequenze medio-basse vengono avvertite di più con il calare della temperatura. Lavorando con una band che non fa un vero e proprio sound check in un contesto di un festival come quello di oggi non c’è molto da fare a dire la verità. Stamani prima di accendere il PA ho usato Pro Tools in cuffia per poter fare un controllo e verificare tutte le gain structure, in modo da avere un punto di partenza adeguato e iniziare a lavorare da lì.
ZioGiorgio.it: senza un vero e proprio check, su cosa ti concentri nelle prime canzoni?
Steve McGuire: lo spettacolo inizia con “Wildflower”, quindi con Billy che suona la chitarra. La mia attenzione è incentrata su questo aspetto fin dall’inizio. Quando parte la batteria con il resto della band posso aggiustare l’equilibrio tra tutti gli strumenti. Poi, non appena Ian inizia a cantare, l’attenzione si sposta sulla sua voce, mantenendo inalterato il livello del kick e dello snare nel sottofondo.
ZioGiorgio.it: dicci un po’ di più sul tuo approccio al mixer. Stai utilizzando un mixer digitale, ma abbiamo notato che hai un approccio analogico al tuo mixaggio.
Steve McGuire: assolutamente si. Infatti due sere fa abbiamo suonato allo Z7 in Svizzera, e ho mixato su un Midas H2000. Quello che ho notato è che gestisco i mixer digitali come se fossero analogici, utilizzando la tecnologia digitale principalmente per la memoria e per il richiamo e la flessibilità del routing del segnale. Lavoro totalmente “al volo” in termini di miscelazione dei livelli e dei toni di ogni strumento. Su un paio di canzoni ci sono alcuni interventi un po’ più “speciali”, come ad esempio sulla chitarra elettrica su cui utilizzo un armonizzatore e un riverbero. Billy utilizza due amplificatori, due cabine da 4×12, che io microfono con due Heil PR31, uno in asse e uno fuori asse. Quello in asse lo panpotto sul lato del palco dalla parte di Billy, mentre quello fuori asse dal lato opposto. L’altro chitarrista ha invece un Orange con una cabina 4×12, che microfono nello stesso identico modo che ti ho appena descritto. Sul mixer digitale poi, ritardo i microfoni fuori asse di 12 ms, e grazie alla differenza che si crea riesco ad avere un bel suono pieno. C’è anche un Vox AC30 laggiù, che ho panpottato al centro. È più pulito dei Marshall e, quando lo si mixa, si ha la sensazione di aggiungere chiarezza e corpo a quello che viene suonato. In questo modo ottengo l’attacco dell’AC30, con i Marshall che gli lavorano attorno.
ZioGiorgio.it: visto che hai accennato ad alcune tecniche di microfonazione puoi dirci qualcosa di più su come usi la fase nella tua tecnica?
Steve McGuire: per me la fase è molto più importante di EQ, riverberi e tutto il resto. Se hai tutto in fase non avrai bisogno di equalizzare troppo. Inoltre se gli strumenti sono alla giusta distanza da dei buoni microfoni puoi utilizzare un filtro high-pass e uno pass-through per tagliare un po’ qua e là e il gioco è fatto. Con queste condizioni tutto suona molto naturale. Per capire se sono in fase registro utilizzando Pro Tools con FWx e faccio il confronto con la traccia del loro soundcheck. Utilizzo un plugin in Pro Tools chiamato Radix Auto-Align che mi dice esattamente quanti campioni ho bisogno di regolare sul mixer. L’altro giorno invece, quando ero sull’H2000 in cui tutto era analogico, dovevo solo limitarmi ad usare la tecnica appropriata di microfonazione, e al massimo regolare un po’ i microfoni d’ambiente giusto per far interagire un po’ meglio la band con le voci del pubblico, niente di più.
ZioGiorgio.it: parlando dei delay, quali trucchi usi quando inserisci la latenza su un banco digitale?
Steve McGuire: per risolvere velocemente questo problema con il banco Avid basta passare alla pagina degli input o alla pagina dei plugin e fare clic con il pulsante destro del mouse in quella zona per visualizzare il tempo di elaborazione combinato di tutti i plugin in quel canale. Uso un mixer digitale come uno analogico, cioè faccio tutto attraverso i gruppi prima che esca il segnale. Fondamentalmente tutti i gruppi hanno lo stesso processore dinamico, con l’UA LA3A in tutti i miei bus. In questo modo, tutto finisce con la stessa quantità di latenza. Se c’è qualche deviazione, come ad esempio quando faccio qualcosa con il basso DI, significa che sto ancora utilizzando l’UAD. Qui per esempio, l’inserimento analogico Out va nell’Apollo 16, che raggiunge il Neve 1081, poi il Fairchild 670 e poi torna indietro. Sono 112 campioni di latenza, il che significa che devo ritardare i campioni del bass mic 112, in modo che sia in linea con esso quando arriva al gruppo.
ZioGiorgio.it: per concludere, quali sono gli aspetti migliori e peggiori della vita in tour?
Steve McGuire: la cosa migliore è senza dubbi lo stile di vita, che però deve essere affrontato con un certo tipo di approccio. Incontri nuove persone ogni giorno e scopri nuovi posti anche se questa vita ha i suoi contro come i lunghi viaggi in autobus, gli aereoporti ecc. Però nei momenti di difficoltà pensare al mio passato mi aiuta. Quando avevo 16 anni ho lavorato in una fabbrica di cloro, trattavo le sostanze chimiche per le piscine. Ci ho lavorato solo un giorno, ed è stato orribile. Ogni volta che mi sento frustrato con un PA, o sono infastidito perché non abbiamo abbastanza tempo per prepararci, o non mi trovo bene con la crew, oppure mi sento male, ripenso a quel giorno e faccio il paragone con il presente. Improvvisamente mi rendo conto di quanto la mia vita sia fantastica. Ci sono migliaia di persone là fuori che vogliono fare quello che sto facendo e non posso nasconderti che sono incredibilmente grato di avere l’opportunità di mixare una grande rock band. Ian mi trasmette le stesse emozioni ogni sera e tantissima professionalità sotto tanti aspetti. Johnny è un batterista virtuoso e Billy è molto forte con la chitarra. Damon e Grant sono dei punti fermi e hanno una creatività infinita. Tutto è live senza supporti pre-registrati o qualcosa di simile, è solo un bel rock e roll old school, e non ci sono tante band che lo fanno ancora. Per questi e tanti altri motivi apprezzo ogni occasione in cui lavoro con loro.
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Aldo Chiappini
Editor-In-Chief
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