Quello che affrontiamo nella trattazione di oggi è uno di quegli argomenti tecnici che spesso non vengono compresi fino fino in fondo, ma che gioca un ruolo fondamentale nelle qualità, in termini assoluti, del suono.
La fase! Quante volte abbiamo sentito parlare di fase senza per questo soffermarsi nella reale comprensione del fenomeno, limitandoci all’assunto che un suono “fuori fase” è un suono “scorretto” e di scarsa qualità.
Va subito chiarito per contro che un suono “fuori fase” o comunque non perfettamente in fase non è un suono inascoltabile o fortemente compromesso, ma è comunque un suono che perde quelle caratteristiche di solidità e definizione che rendono la sensazione di ascolto più nitida, pulita, “a fuoco”.
Ma cos’è la fase? Come spesso accade per comprendere meglio il fenomeno “in soldoni”, è più facile ricorrere a qualche aiuto grafico ed in questo senso la foto sotto (Fig. 1) è una delle più eloquenti che io abbia mai trovato. Come si può facilmente intuire un suono che è fuori fase è quel suono che arriva all’ascoltatore con dei piccoli ritardi temporali e che producono, con maggiore o minore entità a seconda del disallineamento temporale, quell’effetto tipico di offuscamento sonoro, con relativa perdita di definizione e dettaglio del suono stesso.
Ma perché ci sono questi tanto odiati ritardi e disallineamenti temporali? Da cosa dipendono? Sempre rifacendoci ad un concetto empirico e pratico la risposta è fondamentalmente questa: dipendono in prima battuta dai filtri ed in seconda battuta dai trasduttori. Un altoparlante, per sue caratteristiche fisiche, porta già con se ritardi a diverse frequenze, indotti ad esempio dal comportamento più o meno smorzante del materiale del cono, dall’induttanza della bobina etc…
Come se non bastasse, nel momento in cui uno o più diffusori operano con altoparlanti differenti dedicati alle varie frequenze, c’è bisogno di uno (o più) filtri per separare le frequenze in modo da smistarle correttamente ai vari altoparlanti deputati ed ottimizzati per riprodurre un certo range di frequenze (woofer, twitter, mid-range…). Questa operazione introduce inesorabilmente dei ritardi dovuti ai componenti “fisici” (transistori etc…) del sistema o, nel caso di filtri digitali, dovuti al computazionale dell’algoritmo impiegato che, seppur veloce, produrrà comunque ritardi temporali nell’ordine di millisecondi.
Molte aziende a ben vedere hanno dedicato ed ancora dedicano gran parte della ricerca e sviluppo proprio al fine di affrontare – ed auspicabilmente risolvere – al meglio il “problema”. Da una parte producendo altoparlanti sempre più performanti e il più possibile “lineari” e dall’altra lavorando per ridurre al minino i problemi legati a questi ritardi legati ai filtri.
In questa questa sede vogliamo evitare di proposito il discorso legato ai filtri in generale, concentrandoci sull’operato di una azienda italiana, RCF, ed in particolare sulla tecnologia FiR PHASE, che offre una soluzione interessante ed efficace al problema e che soprattutto già adotta questa tecnologia in alcuni sistema di recente produzione. Quindi realtà, non teoria. Quella che interessa noi in fin dei conti…
Come in questi casi è quasi d’obbligo, vista la non certo semplicissima trattazione, abbiamo preferito intervistare direttamente il capo progetto di FiR PHASE, l’ing. Andrea Capra, che ha cercato di descrivere problema e soluzione nella maniera più chiara e comprensibile possibile.
LightSoundJournal: bentrovato Andrea, puoi fare un breve accenno al “mondo dei filtri” per poi passare ad una descrizione di FiRPHASE e delle sue peculiarità?
Andrea Capra: nelle casse cosiddette “attive” il filtraggio dei componenti viene generalmente eseguito da un DSP, ovvero l’elettronica sostituisce circuiti di resistenze, capacità e induttanze presenti nelle casse “passive”. Il crossover tra vie differenti viene quindi gestito attraverso filtri che nelle loro versioni più semplici replicano il comportamento dei filtri analogici mentre nelle versioni più elaborate permettono l’applicazione di elaborate formule matematiche.
I filtri digitali più comunemente utilizzati sono i filtri IIR (Infinite Impulse Repsonse), presenti nella maggior parte degli equalizzatori. Non introducono latenza sul segnale e permettono di modificarne agevolmente l’ampiezza. Ad ogni modifica di ampiezza introducono però una modifica della fase, con ripercussioni più o meno importanti sul risultato sonoro finale.
La controparte è rappresentata dai filtri FIR (Finite Impulse Response), più complessi da generare ma in grado di modificare l’ampiezza del segnale senza distorcerne la fase. Il prezzo da pagare per un controllo così preciso è la latenza che questi filtri introducono: più è bassa la frequenza fino a cui si vuole estendere il controllo più è alto il ritardo che il suono accumula nel passare attraverso questo filtro.
RCF approccia il mondo dei filtri FIR attraverso FiRPHASE, un sofisticato algoritmo in grado di controllare ampiezza e fase delle casse con elevata precisione limitando la latenza del sistema. L’obbiettivo che RCF si pone con FiRPHASE è quello di avere tutti i diffusori attivi con la medesima fase, nello specifico 0°, in modo che tutte le frequenze partano già alla fonte temporalmente allineate.
LSJ: perché questa tecnologia offre dei risultati tangibili migliori? Come e dove si possono meglio apprezzare? Puoi farci alcuni esempi per capire praticamente come ascoltare queste qualità?
Andrea Capra: se un suono o una musica dotati di spettro complesso vengono riprodotti da una cassa con fase che ruota giungono all’orecchio dell’ascoltatore con micro-ritardi tra le proprie componenti frequenziali. La conseguenza è un suono sfuocato, disomogeneo, con poca dinamica.
FiRPHASE manipola i ritardi delle varie frequenze in modo che escano dal diffusore tutte allo stesso istante ed i benefici sono apprezzabili in:
– Dinamica: frequenze sincrone permettono la perfetta ricostruzione di un transiente. L’energia di un colpo di rullante o della pennata di una chitarra acustica è restituita intatta all’ascoltatore.
– Uniformità della sorgente sonora: un diffusore a più vie viene percepito come una sorgente unica.
– Dettaglio: gli armonici prendono risalto, il suono acquista quindi brillantezza e ricchezza di particolari. In bassa frequenza il suono risulta più pulito e controllato.
– Presenza: la gamma media (voci e strumenti musicali) viene portata in primo piano.
– Stereofonia: l’immagine stereo è restituita fedelmente, è stabile e precisa. La spazialità del suono, in genere conferita dalla riverberazione, è avvolgente.
LSJ: FiRPHASE è presente nei prodotti RCF, partendo appunto della casse post source e pensato poi per gli sviluppi futuri.
Andrea Capra: FiRPHASE è stato applicato a tutte le casse attive RCF di recente produzione, partendo dalla rinnovata serie ART MK4 fino ai nuovi line array della serie D. Anche la serie TT, viste le performance sonore che questa nuova tecnologia permette, viene progressivamente rivista e aggiornata: ad esempio il linearray TTL55, nella sua nuova veste, è in tour da tempo con Ligabue mentre nell’ultima release di RDNet (il software di gestione dei sistemi RCF) sono presenti gli aggiornamenti dei modelli TTL33 e TT1. Questa tecnologia diventerà sempre più parte integrante dei prodotti RCF, alcune applicazioni “evolute” di FiRPHASE verranno presto introdotte nei line array e nelle casse attive professionali.
La Redazione
Light Sound Journal Network
info: www.rcf.it