Dopo l’articolo scritto ieri sulla bancarotta di Gibson (Vai all’articolo) sono andato a rileggermi una serie di altri articoli che mi ero appuntato, e questi come una nuvola di pensieri si sono agglomerati sopra la mia testa in un diffuso senso di tristezza momentanea ma poi non troppo. Navigando in modo erratico nel mare della rete cercando indizi della mia teoria, mi sono ritrovato davanti alla foto della carta igienica dell’Hard Rock Hotel, un po’ come l’indiano che nel suo peregrinare per il deserto si ritrova di fronte una roccia che ha tutte le fattezze di un coyote e non può che riconoscerne l’inconfutabile presagio funesto.
Questa carta igienica reca, in modo divertito ma subdolamente ammiccante, la scritta “Roll with it, baby…“, citazione di un famoso brano di Steve Winwood del 1988 che con uno dei più frequentati clichè della musica soul-blues invita ad affrontare la vita anche nei suoi passaggi più difficili. Il gioco di parole è divertente in modo fastidioso e ti strappa sicuramente un sorriso quando, in uno dei momenti più terreni della nostra quotidianità, vieni invitato a fartene una ragione, dare un bel giro al rotolo ed allo stesso tempo però sentirti un po’ speciale perchè una rock star ti è in qualche modo vicina anche in questo frangente catartico e imbarazzante.
A Miami l’anno passato è iniziata la costruzione di un gigantesco nuovo complesso Hard-Rock Hotel da 123 metri di altezza e oltre 1,5 miliardi di dollari. Avrà la forma di una chitarra e sarà il primo grattacielo al mondo ad avere questa silhouette, finanziata dai soldi del gioco d’azzardo dei nativi americani della Seminole Gaming che hanno la licenza per i casinò in Florida.
Piscine, sport acquatici, un lago artificiale e piccole isolette che trasporteranno il visitatore in un paradiso caraibico senza muovere un solo passo fuori dalla grande city dello stato del sole splendente.
Questo enorme simulacro sarà eretto entro l’anno prossimo contro il sole senza nuvole della Florida, quello stesso cielo lapislazzulo che David Foster Wallace additava con il suo sarcasmo caustico in “Shipping Out” come simbolo di una cultura che vuole rimuovere il dolore, la fatica, la realtà greve della vita quotidiana. Ironicamente le stesse angustie ed ingiustizie che hanno alimentato il rock fin dai suoi primordi.
Un po’ come per le piscine a forma di chitarra, non riesco a trovarmi d’accordo con me stesso nel giudicare questo tributo allo strumento principe del rock come soltanto kitsch o del tutto triste. Le simbologie tuttavia sono sempre importanti, ed un simbolo da 1,5 miliardi assume nella nostra società del consumo un significato non trascurabile. Nel momento in cui la musica rock suonata vive una crisi innegabile, nel mondo in cui le classifiche dei rock tour sono guidate dalle vecchie glorie ultra-sessantenni, in cui le vendite delle chitarre si flettono come palme al centro di un uragano, in cui i giovani preferiscono le console luminescenti che rielaborano un bolo continuo di musica pre-digerita agli strumenti reali, se vagassimo sotto il sole della Florida meridionale ad un certo punto potremmo imbatterci in questo totem rockeggiante da centoventitre metri che ci ammicca con migliaia di riflessi splendenti al suono di “Smoke on the Water“.
Quella che è stata una rivoluzione, nata da garage sporchi e dagli accordi incazzati di quattro ragazzi figli della working-class inglese, è diventata marketing, banalmente ridotta ad essere citata su di un rotolo di carta igienica in un gigantesco complesso che ci invita a svuotarci le tasche alle slot machines in nome del vero spirito del rock and roll che non guarda mai al domani.
Sa tutto un po’ di ammuffito nei casinò, quell’odore di velluto stantio e polveroso che spesso si sente anche in tanti musei del rock, con le luci fioche, i colori che passano invariabilmente dal cremisi al nero al blu elettrico. E come in questo articolo di circa un anno fa del Washington Post “Why My Guitar Gently Weeps” che vi invito caldamente a leggere, non mi sento di dare a questo articolo dei toni apocalittici da fine impero, ma questa combinazione di mercato super-inflazionato e declino decennale dell’ideologia rivoluzionaria che ha partorito il rock mi pare la scena di due treni da lungo tempo avviati sullo stesso binario in direzione contraria, in rotta di collisione.
E’ difficile per chi come me ama questo genere e ne ha fatto la sua cifra, trovarsi di fronte al presagio del coyote e fingere di non vederne il messaggio. Ma una cosa la dovremmo imparare dal rock, una musica che come un serpente ha saputo cambiare pelle mille e mille volte. Il suo messaggio bruciante ed i suoi battiti frenetici continuano a catturare l’immaginazione di milioni di giovani delle nuove generazioni, forse in modo diverso, sicuramente meno pericoloso e iconoclasta, ma la scintilla sotto la cenere arde ancora, quindi “Roll with it, baby…”
Redazione ZioMusic.it