Il Suono di John Bonham – Corrado Bertonazzi

Cari amici di ZioMusic.it, siamo felici di proporvi oggi questo articolo scritto dal nostro contributor Corrado Bertonazziriguardo una delle icone batteristiche più importanti di tutti i tempi: John Bonham.

Batterista della famosissima band inglese “Led Zeppelin“, Bonham ha dettato le regole nel mondo del Rock’n Roll con un suono incredibile, il suo marchio di fabbrica, che lo ha reso una leggenda nel panorama artistico di quegli anni; è difficile che un batterista abbia un modo di suonare tanto personale da renderlo riconoscibile tra molti altri, Bonham è sicuramente uno di questi, emulato da molti, ma irraggiungibile sia come sonorità che come carisma. In questo articolo Corrado ci accompagnerà in un viaggio interessante, alla scoperta del suono “Bonziano” che ogni batterista vorrebbe avere…

Il Suono e lʼAccordatura della Batteria di John Bonham dei Led Zeppelin

Quando si parla di John Bonham, si parla di storia della batteria rock. La sua influenza non riguarda soltanto lo stile, ma anche il suono.

Ma come si fa ad avvicinarsi al suo suono?

Partiamo dal presupposto che il suono lo fa una combinazione di fattori:

  • qualità del musicista
  • scelta dello strumento e delle pelli
  • tipologia di accordatura
  • tecniche di ripresa microfonica (quali microfoni, preamplificatori, mixer e processori sono stati utilizzati
  • ambiente in cui la registrazione viene effettuata (es. dimensioni della sala di ripresa)

Quindi, per riprodurre “esattamente” quel suono, bisogna comunque rispettare diversi parametri. Detto questo è possibile avvicinarsi molto al suono originale, se abbiamo uno strumento simile, le pelli giuste e lo stesso concetto di accordatura

Il drumkit

Bonham negli anni ha usato diversi modelli di batterie, in particolare del marchio Ludwig. Dalle famose Amber Vistalite, alle classiche in acero, fino alle Stainless Steel.

(Kit Ludwig Stainless Steel)

Allʼinizio della carriera usava strumenti Premier, ma esistono anche testimonianze di Bonham dal vivo con batterie Slingerland o Sonor.

(Tv tedesca — 1969)

Prendiamo in esame in questo caso il Ludwig Classic Maple kit, usato da Bonham in diverse sessioni live e in studio, tra cui Led Zeppelin III, IV, Houses Of The Holy e Physical Graffiti (fonte Welch & Nicholls 2001, p. 136)

Queste le dimensioni dei tamburi:

  • cassa 26×14″
  • tom 14×10″ (anche 15×12″)
  • timpano 16×16″
  • timpano 18×16″
  • rullante Supraphonic mod.402 6,5×14″

Le pelli


Le combinazioni di pelli scelte per questo kit sono le seguenti:

  • Cassa: Remo Emperor coated | Ludwig Medium Weight (senza foro)
  • Rullante: Remo Emperor coated | Remo Ambassador Hazy (talvolta Diplomat)
  • Tom e timpani: Remo Emperor coated | Remo Ambassador coated

Da notare quindi che anche le pelli risonanti di tom e timpani sono sabbiate.

Lʼaccordatura

Stando alle indicazioni fornite da Jeff Ocheltree, che è stato suo tecnico personale alla fine degli anniʼ70 (oltre che di Steve Smith e Billy Cobham), Bonham aveva un concetto molto preciso dellʼaccordatura del proprio strumento.

Secondo Jeff Ocheltree, Bonham cambiava le pelli sole se strettamente necessario perchè preferiva particolarmente il suono delle pelli “vissute”.

Si narra addirittura che un suo roadie fosse stato malmenato perchè aveva sostituito le pelli senza il suo consenso! Inoltre Bonham amava una tensione delle pelli più alta di quello che normalmente si pensi.


Agli esordi della sua carriera, possedere i microfoni per la batteria era un lusso, così Bonham cercava di ottenere il massimo volume e proiezione sonora tramite le dimensioni e lʼaccordatura.

Curiosità?

In giovane età, si narra che John rivestisse addirittura lʼinterno della sua cassa con dei fogli di alluminio, così da ottenere un suono ancora più potente.

Da qui nacque un piccolo aneddoto: prima che i Led Zeppelin iniziassero il loro primo tour, Bonzo, aveva addirittura due casse da 26″ e alcuni club della zona bandirono le esibizioni e le prove di tutti i gruppi che avessero come batterista John Bonham, a causa del poderoso chiasso che causava…

Vediamo ora uno ad uno i vari elementi del kit.

Cassa

La cassa di Bonham è un vero cannone, ma per ottenere quel tipo di suono è necessario tirare le pelli abbastanza da muovere lʼaria velocemente allʼinterno del fusto, per evitare dei rimbalzi innaturali del battente del pedale.

Al suo interno la cassa è completamente vuota, ma usava mettere due strisce di feltro sia sulla pelle battente e talvolta sulla pelle risonante per controllare meglio gli armonici ed avere un suono più definito.

(Felt strip interno alla pelle risonante e battente)

In studio il microfono veniva quindi posizionato di fronte alla pelle risonante non forata (Electro voice Re-20a e in alcuni casi anche vicino alla battente (Sennheiser MD421)

Tom e timpani

Anche in questo caso le pelli risonanti (Remo Ambassador sabbiate) sono leggermente più tirate di quelle battenti.

Ma quanto devono essere tirate? La tensione è medio-alta, caratteristica che rende il tamburo particolarmente sonoro.

Nessuna pelle veniva sordinata, ma nonostante ciò si può notare come il controllo delle armoniche fosse ottimo, a dimostrazione del fatto che con unʼaccordatura curata, spesso non è necessario utilizzare sordine.

Infatti, la pelle risonante definisce il timbro del tamburo, mentre la battente determina lʼattacco. Su tamburi così grandi dovremmo aspettarci un suono più scuro e profondo, ma Bonham accordava la batteria nello stile dei batteristi delle big band, ovvero pelli belle tirate, al contrario di come ad esempio Ringo Starr faceva nellʼultimo periodo Beatleasiano, con accordature lente e suoni gommosi.

Rullante

Bonham ha sempre scelto di usare il Supraphonic 402 in lega “ludalloy”, ovvero in alluminio rivestito dalla cromatura. Non ha quindi mai usato il “brass over chrome”, ritenendolo troppo scuro.

Sul rullante usava una Remo Emperor coated e una Ambassador Hazy risonante (in alcuni casi Remo Diplomat risonante), pelli piuttosto standard su un rullante altrettanto comune.

Allora da dove arriva il suo favoloso suono di rullante?

Certamente dal modo in cui lo colpiva, ma una caratteristica importante del suo suono è senzʼaltro il modo in cui la cordiera veniva regolata.

Infatti Bonham tendeva ad avere la cordiera abbastanza morbida, il giusto per conferire al rullante il suo suono caratteristico, ma senza tirarla troppo da “sordinare” il suono del tamburo.

Mick Hinton, suo tecnico personale negli anni ʼ70, lo introdusse alle cordiere Gretsch a 42 fili, dopo aver usato per anni le tradizionali a 18 fili.

(La cordiera a 42 fili, usata da Bonham dal ʼ77 in poi)

La tensione della pelle risonante era alta, mentre quella battente medio-alta per avere tutti gli armonici e il sustain del tamburo, che si andrebbero a perdere tirando esageratamente la pelle.

Da notare che in alcuni casi Bonham teneva le bacchette girate al contrario per avere maggiore peso sullo strumento, probabilmente influenzato dallʼamico Carmine Appice, che tra lʼaltro lo introdusse per primo agli strumenti Ludwig e gli fece prendere lʼendorsement.

(Carmine Appice 1969 con i Vanilla Fudge)

La microfonatura e il mix

Ma come fa ad avere un suono così grosso se le pelli sono così tirate?

Eʼ bene fare una premessa, teniamo presente che nelle registrazioni dei dischi dei Led Zeppelin, il modo in cui è stata mixata la batteria determina la nostra percezione dellʼaccordatura.

Ovvero ci sembra che il suono “gigante” provenga proprio dal modo in cui sono accordate le pelli, senza considerare che in realtà sono le famose compressioni usate sui microfoni della stanza a rendere il suono così “ciccione e vaporoso”.

Chi non ha esperienza con la registrazione, viene spesso ingannato da questo concetto, ma a determinare una grossa parte del suo suono di John Bonham sono anche una serie di processi effettuati sui microfoni in fase di mix.

Il fonico Eddy Kramer utilizzò un approccio semplice con Bonham: minima quantità di mix e massima qualità del suono del tamburo che si potesse ottenere dalla location in cui avveniva la registrazione. Solitamente la ripresa live avveniva con degli Shure SM57s, Neumann U67 e U87s, AKG C12s e ElectroVoice RE20s.

Su Bonzo preferiva un suono di tamburi aperto con meno compressione possibile, anche se non potè sfuggire alla compressione naturale del nastro.

Glyn Johns, altro grande fonico che lavorò con la band, nel 1969 utilizzò un metodo di microfonatura per la batteria di Bonham davvero innovativo: tre (o quattro microfoni) e i due overhead (sopra i piatti) equidistanti dal centro del rullante, per riprendere interamente il kit.

(La tecnica “Glyn Johns”)

Altra curiosità: nel periodo di Led Zeppelin IV e Houses of the Holy, le registrazioni della batteria di Bonzo avvenivano nel castello di Jimmy Page ad Hedley Grange e la batteria veniva posizionata in un sottoscala, per creare quellʼeffetto riverbero, che ha caratterizzato in parte il suono del suo strumento.

Conclusioni

Moltissimi batteristi nel corso degli anni hanno cercato di riprodurre il suono di Bonham, ma la sua unicità come musicista lo rende difficilmente “replicabile”. Bonzo ha dimostrato non solo di essere un grande musicista, ma di aver anche curato in maniera dettagliata la sonorità dello strumento.

Nonostante ciò, analizzando da vicino il suo concetto di accordatura e di suono è possibile capire come avvicinarcisi, sfatando alcuni miti come quello che per avere un suono grosso sia necessario avere un accordatura lenta.

Per maggiori informazioni sull’accordatura della batteria, visita il corso di Corrado su www.accordarelabatteria.it

Corrado Bertonazzi

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