Sintesi sonora analogica sottrattiva – parte 1

Cari lettori, oggi su ZioMusic.it, daremo inizio ad una nuova rubrica di approfondimento sulla sintesi sonora analogica sottrattiva.

L’obiettivo è sicuramente molto ambizioso, dal momento che il mondo dei sintetizzatori è estremamente vario e complesso! Però vi rassicuriamo subito: questo NON sarà un corso rivolto esclusivamente ad utenti esperti, ma che, al contrario, cercheremo di fornire tutte le informazioni in un modo che possa risultare adatto anche al neofita che muove soltanto i primi passi in questo mondo così affascinante e a chi parte proprio da zero.

Un compito arduo ma estremamente affascinante, dunque, quello che abbiamo deciso di dare al nostro contributor Andrea Di Lorenzo. Lasciamo a lui la parola.

CONCETTO DI SINTESI SONORA

Semplificando potremmo definire la “sintesi sonora” come una tecnica che ci permette di generare artificialmente un suono. Il sintetizzatore, di conseguenza, è lo strumento musicale elettrofono che ci consente di generare autonomamente un segnale audio e poi manipolarlo, attraverso successivi stadi di trasformazione e di elaborazione del suono, sino ad arrivare al risultato desiderato.

Ritengo opportuno seguire per questo corso un programma che vada “dalla natura all’artificialità”, partendo quindi da alcuni cenni di fisica del suono per poi arrivare in un secondo momento alla costruzione elettronica di esso su un sintetizzatore, ossia l’obiettivo finale di queste lezioni.

ONDE SONORE E CARATTERISTICHE FISICHE DEL SUONO

Prima di addentrarci nel vivo, è quindi sicuramente utile ripassare in via preliminare alcune nozioni fondamentali sui fenomeni di produzione e propagazione del suono. In natura, la generazione del suono avviene attraverso la vibrazione o oscillazione di un corpo sonoro. Questa vibrazione crea delle onde sonore, le quali non sono altro che variazioni di pressione all’interno del mezzo di propagazione (aria, acqua, metalli e via dicendo). Dall’analisi di un’onda sonora è possibile ricavare tutti gli elementi principali di un suono: altezza, intensità, timbro.

L’altezza è la caratteristica fisica del suono che ci fa distinguere i suoni in acuti e gravi in base alla loro frequenza, cioè al numero di cicli compiuti in un secondo, misurati in Hertz. Questo numero rappresenta in pratica il numero di oscillazioni periodiche in un secondo di tempo.

Nel grafico qui sopra si può facilmente notare come, a parità di tempo, il numero di oscillazioni compiute dal suono acuto sia maggiore rispetto a quelle del suono grave.

L’intensità ci permette invece di distinguere i suoni in deboli e forti in base all’ampiezza delle vibrazioni. Quest’ultima dipende sostanzialmente dalla forza con cui il corpo sonoro è stato messo in movimento. Graficamente l’ampiezza del movimento è rappresentata dalla distanza massima intercorrente tra la cresta dell’onda (cioè il suo punto più alto) e l’asse delle ascisse. In pratica, si tratta di andare ad analizzare lo spostamento rispetto alla posizione di equilibrio.

Il timbro infine è – semplificando per sommi capi – la caratteristica che ci permette di distinguere tra loro due suoni che hanno uguale altezza e intensità ma sono prodotti da sorgenti sonore diverse. Andando più nello specifico, si può dire che il timbro dipende dallo spettro armonico del suono, cioè dalla specifica distribuzione di energia tra le diverse componenti armoniche che caratterizzano il suono. Graficamente esso è individuabile proprio grazie alla forma stessa dell’onda sonora.

Lo scopo di un sintetizzatore è appunto quello di ricreare elettronicamente – quindi in maniera artificiale – questo fenomeno naturale di produzione del suono. In pratica, deve creare un’onda sonora e poi darci la possibilità di modificarla nei più svariati modi.

SINTESI ADDITIVA E SINTESI SOTTRATTIVA

I sintetizzatori si dividono in due grandi famiglie: analogici e digitali.

I sintetizzatori digitali (ad esempio la storica “triade” composta da Roland D50, Korg M1 e Yamaha DX7) sono caratterizzati tutti dalla presenza di una CPU e di un DSP (Digital Signal Processing) e hanno dato vita a nuove forme di sintesi a partire dagli anni ’80 (ad esempio: sintesi FM, Wavetable, sintesi vettoriale e via dicendo).

Storicamente però abbiamo avuto prima la sintesi analogica, a sua volta divisa in due metodi profondamente diversi: additiva e sottrattiva.
La prima a nascere è stata la sintesi additiva, in cui vengono generate e poi combinate insieme più forme d’onda sinusoidali per creare come risultato finale una forma d’onda complessa. Le singole onde sinusoidali hanno solo la frequenza fondamentale e mancano di ogni ulteriore componente armonica.

Giova a questo punto ricordare brevemente di cosa parliamo quando usiamo il termine “componenti armoniche”: esse sono, tra le componenti superiori di un suono complesso, quelle che si trovano rispetto alla fondamentale ad una distanza tale da risultarne dei multipli. Al contrario, le componenti non armoniche non sono multiple della fondamentale. La fondamentale, ovviamente, è la frequenza più bassa e più forte dello spettro armonico, cioè quella attorno alla quale si addensa il maggior quantitativo di energia sonora.

Per fare un esempio: se suoniamo un Do al pianoforte non sentiremo solo quel Do ma, insieme alla fondamentale, sarà presente anche tutta la serie degli armonici naturali che si trovano in determinati rapporti matematici con la fondamentale.

In natura è praticamente impossibile trovare una sinusoidale pura, tuttavia un valido esempio di essa può essere fornito dal Diapason, in cui il La a 440 Hertz è la sola frequenza presente.

Come base teorica per la nascita della sintesi additiva abbiamo il Teorema di Fourier, in base al quale qualunque forma d’onda può essere considerata come il risultato della sovrapposizione di più segnali sinusoidali di diversa ampiezza e frequenza. In pratica, in base ad esso, sarebbe possibile scomporre una forma d’onda complessa e ricavare tutta una serie di semplici onde sinusoidali che messe insieme danno quel risultato sonoro.

Dunque è possibile agire anche al contrario, e proprio su questo si basa la sintesi additiva. In pratica possiamo combinare insieme più onde sinusoidali nelle corrette proporzioni per avvicinarci potenzialmente a qualunque suono desiderato, creandolo per aggiunta successiva di materiale nello spettro sonoro.

Ai tempi però la sintesi additiva risultò essere molto costosa ed è rimasta tale fino a quando il leggendario Bob Moog – nel 1964 – elaborò una geniale alternativa, chiamata sintesi sottrattiva. Da allora la sintesi sottrattiva ha avuto uno sviluppo enorme ed è ancora oggi la tecnica di sintesi analogica più diffusa.

Questa tecnica opera in un modo diametralmente opposto rispetto a quello della sintesi additiva. Infatti viene generata inizialmente una forma d’onda molto ricca di contenuto armonico e poi si procede gradualmente all’eliminazione di tutto il contenuto superfluo, andando a filtrare l’onda fino ad ottenere il suono desiderato.

La sintesi sottrattiva è quindi diventata ben presto la base per lo sviluppo e la diffusione dei synth analogici ed oggi possiamo forse definirla la tecnica di sintesi per eccellenza e, come tale, sicuramente una competenza da acquisire e padroneggiare nel miglior modo possibile per qualunque appassionato di sintetizzatori.

Per approfondire meglio gli aspetti della sintesi sonora, vi proponiamo i seguenti video prodotti dal nostro Andrea:

Approfondimento 1 

Approfondimento 2

Approfondimento 3

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