A distanza di qualche tempo riprendiamo a trattare alcuni concetti base, con una serie di articoli dedicati al mondo della luce. Questa volta però non ci serviremo dell’esperienza e della saggezza di un professionista vero e proprio ma abbiamo deciso di affidare questi contenuti a Federica Ciotola, new entry del mondo dell’illuminazione che condividerà con i lettori dello Zio le proprie scoperte e le proprie esperienze passo dopo passo. Un approccio diverso, che di sicuro susciterà anche l’interesse dei navigati del settore.
Passo quindi la parola a Federica, e buona lettura!
Walter Lutzu
Cari lettori, ho pensato di dedicare una serie di articoli sul concetto di colore: come prima tappa di questo percorso, trovo giusto definire cosa sia, introducendolo.
A tutti è noto l’esperimento secondo cui Isaac Newton (e NON i Pink Floyd come molti credono), colpendo con un raggio di luce apparentemente bianca un prisma di cristallo posto al centro di una stanza scura, si scinde in tutti i colori senza che vi sia un netto confine fra loro. A distanza di oltre un secolo, il medico Thomas Young dopo aver condotto accurati studi sul funzionamento dell’occhio umano, svilupperà il concetto di sintesi additiva: l’occhio è sensibile alle condizioni di luce in diurna (visione fotopica) grazie a tre diversi gruppi di fotorecettori detti coni (porfiropsina, iodopsina e cianopsina) rispettivamente in grado di percepire le alte (gamma dei rossi), le medie (gamma dei verdi) e le basse (gamma dei blu) frequenze presenti nello spettro del visibile: essi sono concentrati principalmente nella fovea (regione della retina) e corrispondono alle frequenze del Red-Green-Blue (colori primari nella luce).
Miscelando il RGB con equilibrio e precisione, si genera il bianco o piena presenza di luce; contrariamente, partendo dall’ipotesi secondo cui tutti i corpi assorbono la luce e riflettono le sole frequenze del colore cui ci appaiono, sovrapposti i filtri dei colori generati dai primari (Ciano, Magenta e Giallo o CMY) su un fascio di luce bianca, si ottiene il nero o assenza totale di luce: tale fenomeno è definito sintesi sottrattiva.
Ma cos’è la luce? La luce è una radiazione elettromagnetica composta da fotoni (nel vuoto si propaga a 300000 km/s), comprensiva di diverse frequenze d’onda. È difficile definire con precisione l’intero spettro della luce considerando che alcune frequenze sono, seppur parzialmente, sovrapponibili (a loro volta sono suddivise in sottocategorie).
Con un buon grado di approssimazione, dedicandoci a ciò che più interessa agli addetti ai lavori e trascurando tutte le frequenze dette “non visibili” per cui esiste una vasta letteratura nella rete, troviamo:
- I raggi ultravioletti (UV) visibili in minima parte e principalmente da tutti quei volatili ed insetti che hanno sviluppato la vista nel contesto diurno. Bambini e adolescenti che, in particolari condizioni di luce, sono in grado di vedere le frequenze UV fino a 310nm o da persone affette da afachia (prive del cristallino);
- Lo spettro fra i 380nm e i 780 nm, porzione di luce che l’occhio umano riesce a vedere e percepire come colore. Le frequenze più corte corrispondono alla gamma dei viola e dei blu e dell’azzurrino; man mano che diventano più ampie, passiamo dal verde, all’ambra, all’arancio fino al rosso. Ogni popolo ha il proprio modo di vivere e definire il colore privilegiando un più ampio vocabolario per alcune tonalità rispetto ad altre;
- Le radiazioni ad infrarossi (IR), visibili a quelle specie animali che hanno sviluppato la visione scotopica, grazie ad una maggior concentrazione di bastoncelli. Tuttavia, l’attivazione simultanea di coni e bastoncelli, in contesti quali il chiaro di luna, l’alba o il crepuscolo, è definita visione mesopica. Grazie a ciò è possibile vedere in scarse condizioni di luce (senza, tuttavia, vedere i colori); gli IR sono ampiamente usati nella costruzione di apparecchi elettronici (videocamere, PC, telecomandi …) e negli accessi di rete a larga banda cablata (fibra ottica);
Rimanendo nello spettro del visibile e parlando con terminologie semplici del colore possiamo definirlo attraverso tre parametri tra loro correlati:
- Saturazione: un tono saturo tende ad essere vivo, brillante ed intenso mentre uno non saturo risulta sbiadito ed opaco: annullando la saturazione di un colore si ottiene il grigio. Ad ogni gradazione di grigio corrisponde uno stop. La numerazione degli stop si basa sulla potenza del due, e all’incrementare o allo scalare di un singolo stop, viene rispettivamente raddoppiata o dimezzata la luminosità del grigio;
- Luminosità: espressa in candele (λ), indica la quantità di pigmenti bianchi per schiarire (o neri per scurire) presenti nel tono;
- Tono: il colore puro, privo di pigmenti bianchi o neri. In linea con la legge di Wien elaborata agli albori della meccanica quantistica, un teorico corpo nero assorbe la luce senza rifletterla ma all’aumentare della temperatura espressa in gradi K, ne emette alcune frequenze (che percepiamo come colore); quando il corpo riflette tutte le frequenze assorbite si origina il bianco.
Come conseguenza della legge di Wien, postulata agli albori della meccanica quantistica, si può dire che, un ideale corpo nero, ovvero un oggetto che assorba qualunque radiazione elettromagnetica a esso diretta, cominci a emettere nello spettro a lunghezze d’onda tanto più elevate quanto sia elevata la sua temperatura, espressa in gradi Kelvin. Alla temperatura di 5700K, il corpo nero emette su tutto lo spettro del visibile, generando il bianco. Ció accade con la radiazione solare, che, se non fosse filtrata dall’atmosfera, conterrebbe l’emissione su tutto lo spettro. La gradazione in Kelvin della luce, riferita al corpo nero, è utilizzata per standardizzare la percezione di ciò che si vuole considerare essere “il bianco”. Non tutte le fonti luminose emettono alla temperatura corrispondente al bianco della nostra stella (il Sole).
Per identificare il tipo di luce emesso da diversi corpi illuminanti, si utilizza una scala convenzionalmente compresa tra 1800K che vira al rosso e 15000K tendente al blu/violetto. Quindi il corpo nero, aumentando la temperatura K si “scalda” e abbassandola si “raffredda”. Solitamente, lo standard identifica come “luce bianca” una radiazione emessa tra i 2700K (appare ambrata) e i 6500K (sembra azzurrina).
Questo linguaggio è fondamentale soprattutto nel mondo della fotografia, poiché è l’indicazione principale per il bilanciamento del bianco, che consente di rappresentare, in modo armonioso e fedele, i colori ripresi dalla macchina. Se il bilanciamento non è corretto, la luce verrà “sporcata” da un’indesiderata dominante colore alterando l’immagine, per via della luce riflessa da una qualunque superficie circostante.
Anche l’essere umano esegue il bilanciamento del bianco. Provate a mettere un paio di occhiali arancioni… Tuttavia, tale bilanciamento non avviene nell’occhio, ma è il cervello che riceve, elabora e corregge le informazioni captate dalla retina per mezzo del nervo ottico, ottenendo in modo “automatico” la miglior immagine possibile in relazione alle condizioni di luce.
In base al risultato che si vuol ottenere, è possibile alterare la percezione della luce emessa da varie sorgenti.
Le gelatine o gel o ancora filtri sono fogli di vetro o poliestere termoresistente posti davanti al fascio luminoso di una fixture o agganciati agli obbiettivi delle macchine. Fra le aziende produttrici più note troviamo la LEE e la ROSCO le cui numerazioni o nomenclature sono divenute un punto di riferimento per la stragrande maggioranza degli operatori del settore. In linea generale, non aggiungono alcun colore alla luce e lavorano per sintesi sottrattiva bloccando le frequenze non volute per ottenere un determinato colore.
Tra i filtri più comuni impiegati sulle fixture luci troviamo:
- I filtri di conversione impiegati per uniformare la temperatura colore di una scena; i più famosi ci sono il CTO (Color Temperature Orange) che trasforma la temperatura da 5500K a 3200K “scaldandola” e il CTB (Color Temperature Blue) che porta la temperatura da 3200K a 5500K “freddandola”: Esistono anche molte frazioni di correzione per cambi di temperatura meno drastici, come ad esempio i LEE dal 200 al 203 per raffreddare e dal 204 al 208 per scaldare;
- Gelatine colore: ne distinguiamo due tipi: quelle per la correzione e quelle per il cambio colore. Nel primo caso citiamo, fra le varie, la plus green e la minus green, spesso utilizzate per correggere le imperfezioni delle sorgenti con le relative frazioni di correzione (1/2 – 1/4 – 1/8); agendo per contrasto correggono le dominanti colore. Quelle per il cambio colore donano invece, una specifica tonalità (la luce originariamente bianca ci appare del colore della gelatina, poiché “passano” le sole frequenze del colore in lei riportato);
- Diffusori: detti anche frost, servono a rendere la luce omogenea, morbida e diffusa;
Bisogna imparare a distinguere il colore “caldo” dal colore “freddo”: tali aggettivi NON si riferiscono alla temperatura K ma alla sfera psico-emotiva che delineano.
A presto con la prossima tappa: la percezione del colore nell’occhio umano.
Federica Ciotola
ZioGiorgio contributor