Intervista con Daniele Davino

Durante i primi approcci al mondo del lighting, Federica Ciotola, ha avuto l’opportunità di intervistare Daniele Davino, LD e direttore della fotografia romano che ha curato molti progetti all’interno dei mondiali di sci, Olimpiadi di Rio de Janeiro, Altaroma Fashion Week, diverse collaborazioni per le produzioni RAI e Mediaset e vari progetti di lighting architetturale volti a valorizzare la città di Roma. Daniele ci offre un’interessante chiave di lettura sul mondo dell’arte visiva e di una sua possibile evoluzione.

ZioGiorgio.it: partiamo dalle origini: come ti sei avvicinato al mondo dell’illuminotecnica?

Daniele Davino: mi sono avvicinato a questo mondo durante il liceo perché insieme ad altri ex compagni di scuola avevamo fondato una compagnia teatrale. Per uno spettacolo potevamo contare sull’aiuto del LD Alessandro Iacoangeli; avevo così iniziato un apprendistato che, mi portò a lavorare prima in vari teatri off di Roma e, successivamente, al teatro Molière per la compagnia dell’attore Mario Scaccia.

ZioGiorgio.it: com’è avvenuto il salto di qualità verso il mondo professionale?

Daniele Davino: per un LD il passaggio dall’amatoriale al professionale è difficoltoso in Italia. Personalmente mi sono formato sul campo, senza aver frequentato corsi specifici, anche perché, non era semplice lavorare e portare avanti gli studi universitari. Ho cercato di colmare le mancanze teoriche, con fatica e determinazione, principalmente da autodidatta. Ho capito che sarebbe diventata una professione quando ho iniziato a lavorare al Teatro Palladium per il Romaeuropa Festival e per la Fondazione in generale. Si è rivelata la più completa formazione che potessi ricevere perché si presentavano circa 60 compagnie internazionali ogni anno: rubavo il mestiere con gli occhi.

ZioGiorgio.it: quali sono state le sfide maggiori in questo passaggio e come si è evoluto il tutto?

Daniele Davino: come dicevo, studiando da autodidatta, ho dovuto costruite una rete di contatti basata sul passaparola. Incontrare giornalmente i professionisti del settore ti consente di apprendere sul campo, anche se nessuno ti spiegherà la teoria alla base del mestiere. Avendo frequentato Lione, ho potuto notare che in Francia e altri paesi UE meglio organizzati esistono moltissime accademie per LD attente sia alla formazione teorica, che all’inserimento nel mondo del lavoro, mentre, da noi, la figura del LD è, a stento, riconosciuta come una professione.

ZioGiorgio.it: la formazione umanistica per un LD rappresenta un limite o un valore aggiunto?

Daniele Davino: provenendo da studi umanistici, la considero ambivalente. È, certamente, un vantaggio perché un LD lavora nel campo della cultura e dell’intrattenimento e, in ogni disegno luce, c’è sempre un riferimento anche minimo alle arti: architettura, musica, storia, letteratura. Essere preparati culturalmente ti aiuta a comprendere meglio le intenzioni di un attore o di un regista. Tuttavia, una preparazione strettamente umanistica è limitante: con grande fatica ho raggiunto un’accettabile preparazione tecnico-scientifica, necessaria per disegnare un set, ma non è mai totalmente curata. Probabilmente, la miglior formazione è quella che riesce a conciliare l’aspetto scientifico con quello umanistico.

ZioGiorgio.it: alla luce del tuo percorso professionale, come definiresti la figura del LD?

Daniele Davino: il concetto di LD è piuttosto ristretto e limitante oggi: l’illuminotecnica è sempre più connessa con l’arte visiva, in quanto video, luci e scenografia si contaminano a vicenda confluendo nella fotografia generale, grazie all’avvento delle nuove tecnologie. Ormai si parla sempre più spesso di set sceno-luminosi poiché la scenografia virtuale sta sostituendo i set fisici: tutto ciò abbatte i costi di produzione a scapito dell’artigianalità del lavoro. In passato, le figure dello scenografo, videomaker e LD erano ben distinte fra loro e cooperavano in modo più o meno intenso: per creare un buon progetto luci era importante studiare accuratamente la scenografia. Per via della fusione dei ruoli è fondamentale avere una percezione visiva a 360° gradi. La conoscenza dei materiali, delle videoproiezioni ecc. risultano essenziali per disegnare un set accurato.

ZioGiorgio.it: a tuo avviso, in futuro avremo un’unica super-figura o torneremo alla suddivisione dei ruoli?

Daniele Davino: credo fortemente nel lavoro di squadra. Immagino il futuro come un team in cui ogni persona, certamente con una naturale propensione e conoscenza in una disciplina (luci, video, scenografia ecc.), dovrà interagire con gli altri componenti del team sin da principio e non più a fine lavoro, come avveniva in passato. Il mio futuro ideale si basa sulla condivisione e cooperazione tra professionisti: l’onniscienza di un egocentrico mi ha sempre annoiato.

ZioGiorgio.it: l’esplosione della computer grafica, potrebbe far sparire qualche figura tradizionale dal back-stage?

Daniele Davino: non credo ciecamente nella sola virtualizzazione dei set, perché, oltre a risultare aridi e freddi, mi trasmettono un’idea di finzione. Al contrario, un set totalmente artigianale risulterebbe meccanico e obsoleto: è ampiamente superato. I lavori migliori sono gli ibridi, frutto dell’incontro fra tradizione e innovazione. l’Italia, per via della sua fortissima tradizione artistico-culturale, è colma di artigiani in grado di offrire un magistrale tocco di calore e realtà al set che, comunque necessita, del supporto della computer grafica, per risultare moderno e originale.

ZioGiorgio.it: prima del Covid-19, molte figure del backstage non erano adeguatamente tutelate e l’attuale situazione le ha poste in una condizione di ulteriore sofferenza. In che modo, verosimilmente, potrebbe rinnovarsi questo mondo quando si ripartirà?

Daniele Davino: la forte crisi in atto, ha temporaneamente reso il nostro settore ancor più precario e meno tutelato del solito. Tuttavia, le arti, per definizione, sono particolarmente ricettive ai cambiamenti. Nel nostro Paese poi, si prende coscienza delle problematiche solamente di fronte a tragedie irreparabili, perché si tende a privilegiare lo spirito d’improvvisazione ad un’accurata pianificazione. Ad esempio, qualche anno fa, due ragazzi sono morti durante la costruzione del palco per i concerti di Jovanotti e Laura Pausini. Quelle tragedie hanno risvegliato in moltissimi colleghi e service la consapevolezza del rischio: prima, a pochissimi operatori del settore veniva naturale indossare i dispositivi di protezione individuale per i lavori in quota, mentre oggi, quasi nessuno rischierebbe la propria vita salendo su un Layher senza imbrago. Allo stesso modo, per crisi come quella data dalla pandemia, almeno le medio-grandi produzioni si stanno ingegnando per creare diverse soluzioni che, al momento, permettono al settore di coesistere con lei e, in futuro, potrebbero portare dei benefici, nonché un miglioramento generale delle condizioni di lavoro.

ZioGiorgio.it: la crescente consapevolezza della propria professione fra gli operatori del settore, un domani potrebbe portare all’istituzione di accademie per LD insieme ad una riconosciuta dignità professionale a livello legislativo?

Daniele Davino: ho tenuto dei corsi di formazione in merito, sia privati, sia co-finanziati dalla regione Lazio: ho anche avuto modo di constatare, seppur indirettamente, che, la stessa Accademia delle Belle Arti, ha un imprinting molto sbilanciato verso un’impostazione teorica: lo studio dell’illuminotecnica, risulta essere lacunoso e sconnesso con la realtà lavorativa. È storicamente legato ad un background di una didattica impostata fortemente sulla conoscenza teorica. Si tratta di un approccio vecchio, noioso. Non sono orgoglioso di aver acquisito il mestiere da autodidatta e, ho sempre sentito la mancanza di una formazione didattica a tutto tondo, attenta agli aspetti sia tecnici, che pratici.
È vero, è necessaria una radicale riforma del settore, che coinvolga tutti gli aspetti legati a questo mestiere. Non servono delle riforme create ad hoc da burocrati, ma bisogna coinvolgere tutti i professionisti, affinché condividano conoscenze e competenze. In fondo, la libertà è partecipazione.

Info: danieledavino.com

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