La pandemia di Covid 19 ha cambiato il mondo ed in molti – soprattutto in un settore come il nostro – si chiedono se quello che verrà, sarà qualche cosa di differente, migliore o peggiore che sia.
Ad ogni modo, anche se sembra scontato e retorico dirlo, crisi globali come queste, oltre ad avere un impatto nefasto per quasi tutti i mercati, possono rappresentare talvolta delle opportunità. Si dice che una volta aver toccato il fondo la risalita avvenga più velocemente. Chissà se è vero, ma da quel che percepiamo la voglia di “riscatto” sarà forte e se a questa voglia si aggiungono due soldini, la cosa si fa quantomeno interessante.
Bene, ma cosa centra il Recovery Fund con i lavoratori dello spettacolo ed il mondo dello show-biz? Zio perché ci parli di tutto questo. Per queste cose ci sono i “giornali seri”. Vero anche questo, ma per una volta vogliamo – con grande umiltà – allargare un po’ gli orizzonti. Ne vale la pena.
Pronti? Partiamo quindi con la parte noiosa!
Cosa è il Recovery Fund:
Il Recovery Fund è lo strumento individuato dalla Commissione europea per rilanciare le economie dei Paesi membri dopo la crisi causata dall’epidemia di coronavirus e, dopo mesi di negoziazioni – e forse grazie ad un pizzico di scaltrezza – è successo che all’Italia sia toccata la parte più importante di questi “aiuti”.
La strada per lo sblocco dei fondi non è stata affatto facile. Infatti, dopo aver raggiunto un primo accordo di per sé già molto “delicato” tra i 27 Stati membri lo scorso luglio 2020, ci fu un blocco della pratica per una serie di veti posti da parte dell’Ungheria e della Polonia che contestavano il meccanismo di elargizione delle risorse, legato al rispetto dello Stato di diritto.
Dopo altre vicissitudini e polemiche si è comunque arrivati a sancire un accordo definitivo ed ufficiale con data 10 dicembre 2020, per buona pace di tutti ed alla fine della fiera all’Italia arriveranno gli ormai famosi 248 miliardi!
Detto questo chiariamo subito un paio di cose anche se in questo contesto, ci perdonino gli economisti, dobbiamo farla semplice. La prima è che l’Europa darà questi soldi agli Stati aventi diritto, compresa l’Italia, a determinate condizioni ed in particolare in base ad un “piano di spesa”, il famoso PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che Mario Draghi ha compilato in tempistiche brevi, facendo mormorare anche qualche ala. Questa tempestività ci ha fatto però rientrare nelle scadenze e, come risultato, ha fatto sì che l’Italia potrà attingere a queste risorse divise – ad oggi – come segue:
- 191,5 della Recovery and Resilience Facility
- 30,6 dal Fondo complementare
- 13,5 del programma React-Eu.
Non male vero? Di certo è qualche cosa di straordinario, mai successa prima ad ora ma, ancora una volta, occorre fare qualche ulteriore puntualizzazione.
Questi 248 miliardi di euro non arriveranno tutti insieme tramite un bonifico bancario al “Sig. Stato Italiano”, ma saranno elargiti e spalmati in circa 6 anni (sempre stando ad oggi…) e forniti con modalità non sempre di semplice comprensione per noi comuni mortali: si parla di spread tra tassi di interesse nazionali ed europei ed altre diavolerie simili quindi, andiamo oltre…
Inoltre è pur vero che l’Europa ha messo a disposizione questi fondi agli Stati membri, tra cui l’Italia, ma allo stesso modo saranno gli stessi Stati che dovranno contribuire a finanziare questi fondi e l’Italia non è certo esclusa. Indi per cui una parte del Recovery Fund (che un noto giornale finanziario americano ha preventivato per 40 miliardi) in un modo o nell’altro dovrà tornare al mittente.
Fondo perduto.
Un altro argomento che ha tenuto banco è il famoso nodo inerente alla fetta a “fondo perduto” che dovrebbe essere una cifra intorno ai 65 miliardi di cui circa il 70% – quindi 54 miliardi – dovranno essere spesi per progetti da attuare nel 2021. Quest’ultima è un’informazione importante, perché significa chiaramente che l’Europa ci chiede di non perdere tempo, di cominciare subito a fare le riforme e, soprattutto, di rendere conto chiaramente di tutto ciò che viene fatto perché non è consentito sbagliare.
Ma andiamo avanti, perché al di là di questa piccola ma doverosa prefazione, ciò che a nostro avviso è più interessante è come verranno usati questi soldi.
Ammesso e non concesso che arrivino questi 248 miliardi, nel documento che il Governo italiano ha consegnato all’Europa c’è scritto di fatto come l’Italia ha intenzione di spendere questa somma. Un documento confezionato proprio in base a quelle che erano e sono le priorità dell’Unione Europea che – attraverso lo strumento temporaneo della Next Generation EU – vuole rafforzare la ripresa socio-economica, rivitalizzare il mercato unico e garantire condizioni di parità all’interno del sistema economico, supportando gli investimenti urgenti e necessari in particolare dei settori green e digitale.
Bene, eccoci arrivati al nocciolo della questione, il motivo per cui secondo noi è bene che anche le realtà del nostro settore tengano d’occhio il documento: chissà mai che “qualche cosa non arrivi anche dalle nostre parti!” Notate bene che se anche fossero briciole, per noi potrebbero essere “soldi veri”.
Stando a ciò che recita il documento, si evince che sono diversi gli ambiti che possono aver a che fare con le aziende del nostro mondo.
Cominciamo dai circa 50 miliardi di euro per digitalizzazione 4.0, innovazione, sicurezza, cultura e turismo (per questa ultima voce sono previsti circa 3,1 miliardi). Insomma, sono tutte parole che ci appartengono eccome. Ma non solo, perché a ben vedere anche gli oltre 74 miliardi destinati alla green revolution potrebbero rappresentare delle opportunità per molte aziende, in special modo nel business dei sistemi integrati. Senza poi andare troppo nello specifico ed evitare di uscire dal tracciato, non si può non notare che tutto il piano è incentrato sulla tecnologia, sull’ammodernamento dei sistemi digitali in svariati ambiti e che coinvolgeranno senza dubbio il mondo dell’IT ma, molto probabilmente, anche molte tecnologie strettamente correlate, come per esempio il comparto telecomunicazioni, sicurezza, Pro AVL etc etc..
Quali opportunità per il nostro settore? Gettiamo due ipotesi sul tavolo.
Difficile fare previsioni precise, ma ragionare sulla cosa e farsi quattro idee in merito non fa mai male. Cominciamo noi!
Di certo c’è che molte infrastrutture pubbliche o private dovranno adeguare i sistemi e le dotazioni digitali – cominciando dalla famosa “fibra ultraveloce” – proprio per andare a colmare quel gap tecnologico (e di efficienza) che l’Italia ancora paga nei confronti di molti Stati europei.
Ed ancora, in un mondo che ha sempre più bisogno di sicurezza e comunicazioni chiare ed efficienti è possibile che si dia grande spazio al mondo dei sistemi di allarme EVAC, telecamere per sorveglianza, video, digital signage per avvertire in maniera puntuale e flessibile un grande numero di persone e, perché no, impianti di diffusione sonora altrettanto flessibili e qualitativamente adeguati, laddove spesso proprio la parte “sonora” tende ad essere trascurata.
E quando si parla di cultura e turismo? Anche in questo senso probabilmente, vista anche la volontà di rendere tutto più sicuro e “green” ci potranno essere interessantissimi sbocchi di mercato, che qualcuno ha già intuito; pensiamo solamente alla sanificazione degli ambienti, al controllo ed al monitoraggio automatizzato del flusso di persone nonché l’utilizzo di tecnologie a risparmio energetico e a basso impatto ambientale.
Insomma, quelle appena elencate sono solo alcune semplici idee scaturite da altrettanto semplici supposizioni ed anzi rimandiamo a voi tutte le riflessioni e le intuizioni del caso.
Sta di fatto che in un contesto simile e vista la crisi e l’incertezza nel quale versa ancora il settore dello show business, capire e seguire con una certa attenzione quello che succede intorno a noi – e per una volta non limitarsi solamente al nostro orticello – può essere importante e vantaggioso.
Aldo Chiappini
Walter Lutzu
Redazione ZioGiorgio.it