Tra le realtà invitate al Bright Festival, PASE – studio di ricerca fondato da Valeria Zane e Victor Nebbiolo di Castri – ha proposto un momento di ascolto dedicato alla spazializzazione del suono, presentando alcuni lavori realizzati negli ultimi anni. Più che una performance, si è trattato di una condivisione di percorsi e materiali sonori già sviluppati, per attivare un ascolto collettivo e una discussione partecipata.
Il lavoro di PASE parte da una convinzione: lo spazio non è un contenitore neutro, ma un parametro essenziale della composizione. “Pensiamo allo spazio come parte fondamentale del progetto sonoro,” racconta Valeria Zane. “Ogni idea nasce già in relazione al modo in cui il suono interagisce con lo spazio e si sedimenta in un ambiente.” In questo senso, la spazializzazione non è un effetto, ma uno strumento espressivo che trasforma il modo di comporre e ascoltare.
Durante il festival è stato utilizzato il sistema Soundscape di d&b audiotechnik, tecnologia integrata da PASE all’interno di un più ampio ecosistema tecnico e creativo. “Lo consideriamo un dispositivo compositivo,” spiega Victor Nebbiolo di Castri. Continuano, “Lo ibridiamo con patch sviluppate in Max/MSP, ambienti di sintesi e strumenti personalizzati, spingendolo oltre l’uso convenzionale. Questo grazie alle attività di ricerca e sviluppo condotte insieme a Pierpaolo Ovarini e Riccardo Sellan (PASE R&D)”. Per PASE, la tecnologia ha valore quando è al servizio di un’idea o di un progetto che guida dunque lo sviluppo degli strumenti necessari. “Ogni fonte sonora viene trattata come un vettore spaziale,” continua Zane, “Il nostro lavoro riflette su come il suono possa ridefinire la percezione dello spazio stesso.”
Non è un caso che il rumore ambientale, spesso considerato un disturbo, sia invece integrato nelle scelte compositive. “Il rumore è parte dello spazio,” sottolineano. “Lo consideriamo fin dalla fase progettuale, come elemento attivo e spesso rivelatore del contesto.” Anche per questo motivo, ogni installazione viene costruita su misura, privilegiando la spazializzazione reale rispetto a quella simulata.
L’approccio di PASE è transdisciplinare: il team collabora regolarmente con compositori, sound artist, designer, istituzioni culturali e accademiche. Negli anni ha realizzato progetti con Biennale Arte, Cinema e Architettura, e ha collaborato con Fondazione Levi, Pinault Collection, IUAV, Conservatori di Venezia e Padova, Politecnico di Milano. “Ogni progetto ci obbliga a ripensare strumenti, linguaggi, metodi. Non lavoriamo mai con un protocollo fisso,” afferma Zane.
Il suono, per PASE, interviene attivamente nella costruzione dell’opera e nell’organizzazione dell’esperienza. “In lavori come Les Secrets de l’Opéra o Earths to Come, la spazializzazione ha permesso di comporre non solo i suoni, ma la percezione stessa,” racconta Nebbiolo di Castri. “È un modo per mettere in dialogo spazio, corpo e narrazione.”
La partecipazione al Bright Festival ha offerto l’occasione per restituire al pubblico frammenti di una ricerca che continua nel tempo, spesso in modo sotterraneo, “il nostro lavoro non vuole intrattenere,” concludono, “ma generare attenzione e disponibilità all’ascolto. Per noi lo spazio sonoro non è mai neutro: è una forma di pensiero.”
Info: dbaudio.com